Tops – I Feel Alive

TOPS - I Feel Alive

Giulio Tomasi per TRISTE©

Ha senso oggi produrre un’opera del genere in cui omaggi e riferimenti sono palesi? Prima di rispondere a questa domanda vi racconto cosa c’è dentro questo “I Feel Alive”.

Si comincia con “Direct Sunlight”, numero lounge retrò quanto giocattoloso, sarebbe piaciuta al nostro Detto Mariano, scomparso da pochi giorni. Il pezzo mette subito in chiaro che qui si respira a pieni polmoni un’atmosfera vintage.

La conferma si manifesta procedendo con la title track, tra i Fleetwod Mac e la sigla di qualche sit-com d’annata.

Quanto erotismo in “Pirouette” e “Ballads & Sad Movies”! Sensualità e malinconia amoreggiano, c’è un’idea pruriginosa alla base di tutto, la volontà di tornare a decenni mai effettivamente vissuti.

Ma attenzione a evocare i fantasmi, perché potrebbe comparire Bette Davies. “Colder & Closer” ha il sapore di un gioco erotico finito bene ovvero con la riabilitazione artistica di Kim Carnes e di un mondo ingiustamente confinato a serie inferiori da una certa intellighenzia musicale.

Restando in tema di cose “spaventose” è già l’ora delle streghe! In “Witching Hour” i Tops ci raccontano la loro versione della storia come se i The The del debutto avessero inaugurato il proprio cammino sotto un’aurea femminea, con una Blondie versione esorcizzata o in compagna di una Kate Bush giunta dalla collina per far fare a Matt Johnson e soci man bassa di dischi di platino.

“Take Down” ci porta in club fumosi, con il suo passo monocorde ma decisamente ipnotico strappa il sipario che copre la liaison neanche troppo segreta tra Sade e certa wave più sophisticated.

Senza mai sacrificare l’eleganza (vedi anche il finale del pezzo con recitazione in francese) si riparte con un piglio leggermente più acceso di “Drowning in Paradise”, per poi giungere al trittico finale del disco. ”OK Fine Whatever”, ”Looking to Remember” e “Too Much” potrebbero essere benissimo scambiati per dei classici di una qualunque “radio memorabilia”.

Scomodando anche Simon Reynolds è possibile quindi rispondere al quesito di cui sopra. Per chi vi scrive la risposta non può che essere affermativa, per tre ragioni.

Omaggi e riferimenti sono sì palesi ma la (ri)costruzione dell’immaginario sonoro è mutuata da una perizia tecnica quanto da una partecipazione emotiva che rendono secondarie questioni storico-filologiche.

L’ansia da novità a tutti i costi è ciò che rende sonicamente aridi: non lamentatevi poi se paragono il vostro amore esclusivo per The Comet is Coming e compagnia jazzante alla “venerazione” sorrentiniana della nouvelle vague etiope.

E infine mi appello a un diritto alla nostalgia che mi porta a dire It’only Retromania … but i like it.

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