
Francesco Giordani per TRISTE©
“The boy Gedge has written some of the best love songs of the Rock ‘n’ Roll Era.
You may dispute this, but I’m right and you’re wrong!”
John Peel
“I Wedding Present volevano essere gli Smiths dopo che anche gli Smiths erano morti assieme alla regina. Ci riuscirono.” Sono parole mie, che non ricordavo di aver scritto -ormai più di dieci anni fa- e che pur tuttavia mi paiono ancor oggi sufficientemente calzanti, efficaci nel rappresentare l’impresa della band inglese soprattutto a chi non l’abbia mai frequentata da vicino.
Band che, giova ricordarlo, si è formata a Leeds nell’anno di nascita del sottoscritto, ovvero il 1985, per iniziativa del cantante, chitarrista e compositore David Gedge e che, passando attraverso interruzioni più o meno lunghe nonché frequenti quanto significative evoluzioni d’organico (su Wikipedia conto più di venti avvicendamenti), si è da qualche anno assestata nel quartetto costituito, oltre a Gedge stesso, da Nicholas Wellauer (batteria), Jon Stewart (chitarra, già negli Sleeper), Melanie Howard (basso). Se a questi dati sommiamo, a mo’ di ragioneria spicciola, i nove album in studio, i ventiquattro album live, le ventuno compilation, i diciassette ep e i quarantacinque singoli che la citata pagina Wikipedia dichiara pubblicati dagli Inglesi, possiamo affermare senza tema di smentita di trovarci al cospetto di una delle più longeve e prolifiche indie-band in attività oggigiorno, un vero e proprio brand (mi si passi l’incongruo concetto) che, al pari dei quasi coetanei Yo La Tengo, tende ad identificarsi e a coincidere pressoché totalmente con il genere di appartenenza, fin quasi a definirlo, a diventarne un’unità di misura universale. Tanto che si potrebbe quasi ipotizzare una “scala Wedding Present” per misurare l’intensità “indie-rock” delle band che si professano o vengono oggi additate come tali.
Ci stiamo insomma occupando di una leggenda della musica contemporanea, un rarissimo esempio di coerenza e di etica, anzi di etica della coerenza. Ed è in fondo obbedendo a questo spirito che Gedge & company hanno deciso di replicare, a distanza di trent’anni esatti, l’impresa già compiuta nel 1992: pubblicare un sette pollici al mese per un anno. All’epoca i dodici singoli, distribuiti in una tiratura media di diecimila pezzi ciascuno, agguantarono tutti, come da programma originario, la top 40 britannica, per poi essere raccolti, assieme ai relativi lati b, nell’antologico Hit Parade. Sebbene i dati di vendita dei dodici vinili (double A side, in gergo) pubblicati nel corso del 2022 non ci siano noti (a fronte di un numero di stream comunque lusinghiero), l’antologia che li raccoglie oggi con l’aggiunta di cinque bonus può essere ugualmente celebrata come un piccolo ma non meno clamoroso trionfo.
A memoria di chi scrive mai negli ultimi vent’anni i Wedding Present hanno infatti scritto e suonato come in queste 24 Songs. Mai così cristallini, seducenti, compatti, caldi, appassionati… leggendari per l’appunto. Gedge spiega: “Quando si è trattato di compilare l’album ’24 Songs’, ho deciso di non mettere in sequenza le tracce in ordine cronologico. Con sei lati di vinile, hai sei “inizi” e sei “fini” con cui giocare, e ho sentito che l’opportunità di costruire una sorta di viaggio musicale era troppo bella per perderla! Riascoltando questa raccolta, devo dire che credo sinceramente che, per questo progetto, i Wedding Present abbiano registrato alcuni dei migliori brani della loro storia. Ho adorato pubblicare i singoli, ma è entusiasmante anche averli riuniti tutti insieme.” Non si può che dargli ragione. Dall’iniziale e già classica I Am Not Going To Fall in Love With You (titolo che più gedgiano davvero non si potrebbe) fino alla bellissima e solo strumentale Teper My Hovorymo, che regala peraltro ai fans un estemporaneo quanto memorabile ritorno del chitarrista anglo-ucraino Peter Solowka, (indissolubilmente legato tanto al mito dei primi tre album-capolavoro della band quanto alle leggendarie Ukrainian John Peel Sessions), queste nuove canzoni dei Wedding Present offrono un condensato unico, straordinariamente fresco e versatile, della loro arte, una sorta di best of composto tuttavia di creazioni inedite, di scritture e sovrascritture originali, sempre vive, pulsanti, da godere adesso con la stessa gioia, lo stesso abbandono di venti, trenta, quaranta anni fa. E brani baciati da luce ispiratissima come We Should Be Together, Once Bitten, The Lonelinest Time of The Year, Memento Mori, per quanto mi riguarda, possono essere già inseriti nel canone maggiore della band.
L’impressione è che i Wedding Present, dopo quasi quarant’anni di avventure nell’indie-rock, abbiano infine edificato una monumentale opera/testamento che forse più di ogni altra li consegnerà all’eternità.
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