
Carlotta Corsi per TRISTE©
Ci sono due cose che mi hanno uccisa l’altra sera all’idroscalo: le zanzare e Loyle Carner.
Il meteo dice pioggia e temporale, il Circolo Magnolia intanto ospita un pubblico intimo e in trepidazione, nell’aria si percepisce un’alta carica, anche e soprattutto considerando la varietà di specie di zanzare, numerosa e partecipativa.
La setlist si apre con due brani tratti dall’ultimo album Hugo uscito a fine 2022, Hate e Plastic vengono eseguiti di fila.
Noi sappiamo ogni verso: Benjamin Coyle-Larner non se ne capacita, dice che è la sua prima volta a Milano e sente che la serata è speciale, ma tanti aspettavano questo live, me compresa; personalmente ho trepidato per vederlo sin dall’uscita di Not Waving But Drowning, album che avevo raccontato, con entusiasmo, su queste stesse “pagine”.
La band è strepitosa: bassista, tastierista, chitarrista e batterista, tutto “semplice” ma tutto bello.
Non c’è gran scenografia, solo il sound, pulito preciso, la solita e solida commistione di hip-hop, neo-soul e di intime confessioni, a tempo e non solo.
Durante tutto il live, Loyle si è preso qualche spazio per raccontare di alcuni pezzi, di come sono nati, da cosa sono stati ispirati e che significato avevano per lui.
Il rapporto con il padre attraverso il figlio e la sua figura genitoriale, il perdono, la poesia e la rivoluzione, la percezione del mondo e l’espressione della vulnerabilità nonostante la paura del giudizio.
Tutto questo, mentre si spruzzava l’Autan sulle gambe.
Non sono mancati sul finire, i brani che avevano visto la collaborazione nel precedente lavoro di Tom Misch, Jordan Rakei e Jorja Smith.
Loose Ends, in particolare, ha dato la botta finale alla mia già labile emotività repressa.
C’è stato un applauso finale molto sentito, più lungo del previsto e lo stupore di Carner nel sentirsi così compreso da noi, attraverso i suoi testi, ha valso ogni elicottero volante e pizzicante e ogni forma di tempesta e pioggia all’orizzonte.
