Julie Byrne – The Greater Wings

Peppe Trotta per TRISTE©

Musica come voce dell’anima, lessico attraverso cui esprimere il proprio sentire, rinunciando ad ogni ulteriore logica che non sia quella di una sincera trasmissione di emozioni. Nella sua ancora breve – almeno per numero di produzioni – carriera artistica Julie Byrne si è fin da principio distinta per il suo distacco da mere logiche discografiche, al punto che l’improvvisa notorietà scaturita dopo la pubblicazione del suo primo vero lavoro sulla lunga distanza le è piovuta addosso inaspettata.

Alcuni l’hanno – erroneamente a mio avviso – etichettata come l’ennesima songwriter chitarra e voce di impronta folk, autrice possibilmente di talento, ma non dissimile da tanti altri musicisti in attività.
In realtà Not Even Happiness, messo a punto con il sodalizio sapiente di Eric Littmann, ad un ascolto attento metteva in luce le peculiarità di un suono, sì fondato sul fingerpicking e su un canto soave, eppure già intriso di ulteriori istanze e sonorità più ampie, attitudine nettamente messa in luce nella conclusiva I Live Now As A Singer.

A sei anni di distanza, l’intersezione tra l’interpretazione ariosa, commovente della Byrne e i suoni caldi dei synth analogici del produttore – improvvisamente scomparso a trent’uno anni durante la lavorazione del disco – rappresentano il punto di partenza di queste nuove dieci tracce, necessariamente incentrate sul tema della perdita, dell’assenza da affrontare. L’intero album – in gran parte strutturato con lo stesso Littmann e completato con l’ausilio di Alex Somers, già collaboratore di Sigur Ros e Julianna Barwick – è così diventato un omaggio all’amico scomparso, non un’ode tetra, bensì un delicato viaggio nella memoria e una dichiarazione d’amore dai tratti universali.

La chitarra è sempre presente, dominante col suo fraseggio leggero nei brani ancora affini al cantautorato diafano di Vasthi Bunyan (Portrait Of A Clear Day, Flare). Ad essa si sostituisce il piano nella toccante orchestrazione di Moonless e lì dove risalta la mano di Somers si avverte prepotente un cambio di rotta.
Il suono si apre e l’attitudine folk cede il passo ad una sottile vena pop, trovando nelle trame di arpa ed elettronica di Summer Glass il suo l’esempio migliore.
In tal modo la scrittura della musicista americana si amplia senza perdere fascino e profondità, convergendo verso un universo sempre più personale, che non avrebbe trovato corretta definizione senza la complicità di colui che aleggia in ogni suono, in ciascuna parola di un disco intenso, fatto di malinconica luce.  

2 pensieri su “Julie Byrne – The Greater Wings

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