
Francesco Amoroso per TRISTE©
Ogni tanto, con amici e altri collaboratori di TRISTE©, amiamo perderci in oziose discussioni sul ruolo della critica musicale e sulla sua utilità in un’epoca di libera e totale accessibilità alla musica. E amiamo, ancor di più, fantasticare su quale potrebbe essere l’approccio più corretto alla materia musicale.
Qualche tempo fa, uno di noi ha tentato, per puro gusto dell’iperbole probabilmente, di sostenere che per riuscire davvero a parlare di un album senza condizionamenti e preconcetti non si dovrebbe conoscere nulla dei suoi autori e magari neanche il nome, i titoli delle canzoni e la copertina. Chiudere gli occhi e semplicemente ascoltare la musica, senza sapere da dove arriva, dove vuole andare e che cosa c’è dietro.
Eppure, se è vero che non tenendo conto di tutte le sovrastrutture che fanno da corollario inevitabile all’uscita di un album e la sua fruizione, dalle leggende, più o meno costruite ad arte, fino all’incasellamento in un genere o una scena, certamente il nostro orecchio sarebbe più libero e meno condizionato, è anche vero che sarebbe davvero un peccato perderci alcune storie bellissime che ne accompagnano spesso la genesi.