
Carlotta Corsi per TRISTE©
Qualcuno direbbe che James Blake è quella cosa che ti capita quando la vita ti risucchia nel suo vortice e non sai come uscirne, ma, ammettiamolo, è più una cosa che direi io.
Lunedì 18 Settembre. Arrivo al Fabrique dopo essermi liberata dalla morsa del traffico milanese e realizzo di non aver ancora ascoltato Playing Robots Into Heaven, uscito l’8 Settembre 2023, ma dieci giorni in questa sottospecie di limbo, in questa impasse, hanno seminato bene e il mio stato d’animo è un fiorire di attesa e aspettativa. Sono felice di non conoscere nemmeno una nota di nessuno dei brani del nuovo album. Attendo anche con un mezzo ghigno sul viso. Una pazza completa, insomma.
Il live apre con Asking To Break e continua poi con I Want You To Know, entrambe tracce dell’ultimo lavoro: Blake è chiaramente divertito sul palco, nei suoi brani si sente la riscoperta dei pad con cui si è fatto conoscere. Un James nuovo che un po’ strizza l’occhio al James ventenne. C’è un ritmo prezioso a contagiare tutta la stanza che, piano piano, si anima. Non sembra nemmeno un concerto, somiglia più a una Boiler Room che, del resto, è proprio la postazione dalla quale Blake ha mosso i primi passi.
Piccola precisazione: la serata è stata aperta da Actress, ma purtroppo solo in pochi sono riusciti ad assistere alla sua performance perché fuori, quella sera, tra pioggia e scioperi dei mezzi pubblici, era davvero un caos. Blake avrebbe dovuto suonare alle 21, ma, proprio per questo motivo, ha deciso di posticipare di mezz’ora.
Così, poco prima di Life Round Here, ci ringrazia per essere tutti lì: è il loro primo concerto del nuovo tour ed è contento che, nonostante tutto, le persone siano riuscite ad assistervi e siano così presenti. Piccola lacrima.
Con Big Hammer, Loading e Tell Me, i suoni si disperdono un pochino. Purtroppo già qualche mese fa, assistendo ad un live molto differente, avevo percepito questi piccoli problemi tecnici, Blake, però, si porta dietro dei synth analogici le cui sonorità riescono a sopperire bene all’acustica non proprio perfetta.
Si va avanti con Can’t Believe The Way We Flow dall’album Friends That Break Your Heart del 2021, poi arrivano Retrograde e Hummingbird (il brano in collaborazione con Metro Boomin, scritto per la colonna sonora di Spider-Man: Across the Spider-Verse) e immancabile, la cover di Godspeed, originariamente di Frank Ocean.
La voce di James Blake, potrebbe tranquillamente risuonare senza l’ausilio di nessuno strumento: la potenza del suo timbro, il suo registro, è metallo affilato che striscia su altro metallo, fa sanguinare la pietra e muove. Tantissimo.
If You Can Hear Me arriva quasi alla fine, esattamente prima di Playing Robots Into Heaven e Modern Soul e poi, per me, un po’ si ferma il tempo: Blake da anni viene accompagnato da altri due musicisti, un batterista e un chitarrista che, spesso, maneggia anche i vari synth che si portano dietro.
Ma adesso rimane solo. Una luce, il suono del piano e poi parte If You Can Hear Me: “I followed your lead, trusted anyone with my heart, Dad, if you can hear me, we speak less than I’d like”.
Blake è in gran spolvero, elettronico, molto club, ha voluto dare un’identità adulta a ciò che lo ha reso quel che è oggi. È tutto molto bello, si sente il calore degli strumenti, c’è minuziosità, ogni pad, ogni synth è studiato preciso preciso. Mi ricorda ciò che ascoltai nel 2011 quando uscì l’album omonimo. Qui, però, tutto è decisamente più organico, come se Blake avesse dovuto attraversare un tot di progetti per tornare a se stesso: più diretto stavolta, più maturo, bello forte.
Me lo ripeto da giorni: farsi venire il mal di pancia non ha senso se, poi, esiste questo, se esiste un live simile che ti rimette in sesto, come una medicina, come la pasta in bianco della mamma, che cura sempre tutto.
Mi sono portata via una felpa, ho preso una L, voglio abbracciarmi forte con questa sensazione quando sentirò il vortice di nuovo vicino.
