Keeley Forsyth – The Hollow

Da quando ha trovato la sua prima formulazione in uno splendido album d’esordio la musica di Keeley Forsyth si è distinta per la sua enfasi dolente ed un trasporto derivante da capacità interpretative fuori dal comune. 
Una cifra stilistica fin da subito centrata e dai connotati chiari che si è abilmente coniugata alla costante voglia di trovare soluzioni differenti disegnando un orizzonte espressivo sempre più ampio. Non stupisce quindi che la terza prova sulla lunga distanza si inserisca in piena continuità con quanto fin qui proposto e al tempo stesso presenti ulteriori elementi di novità.

È il paesaggio crepuscolare del North Yorkshire in cui l’artista risiede a fungere da scintilla, da cassa di risonanza delle emozioni profonde da cui parole e suoni scaturiscono.
Le atmosfere sono oscure come non erano mai state, il tema della morte presente in modo ingombrante a causa della perdita recente dell’amata nonna che l’aveva cresciuta.
È a lei che sono dedicate il modern classical plumbeo di Come And See e la toccante Eve.

Scott Walker è ancora il riferimento più immediato, sia quando la combinazione elettroacustica da cui la voce si erge diventa essenziale, tagliente (Slush) che nei passaggi contraddistinti da un’aura solenne vagamente classicheggiante (Answer, The Hollow).
Al centro del tutto rimane la voce teatrale e vibrante, declinata anche sotto forma di spoken word – in sovrapposizione al canto di protesta We Are Women, We Are Strong – riportandoci alle doti di attrice della Forsyth (A Shift) e capace di rivelarsi particolarmente delicata, in chiusura quando si muove all’unisono di misurate stille pianistiche (Creature).

Ad accompagnarla ci sono sempre Ross Downes e Matthew Bourne, coppia collaudata a cui si aggiunge Colin Stetson in Turning, a stratificare suoni e umori con l’ausilio del suo sax virtuoso, per un nuovo sfaccettato viaggio in musica tra le pieghe di un animo profondamente inquieto.

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