
Francesco Giordani per TRISTE©
Mentre tutti ci interroghiamo su quale possa essere oggigiorno il senso di compilare una classifica delle migliori pubblicazioni musicali dell’anno -lo avete notato? Mai come oggi abbiamo la sensazione di ascoltare tantissima musica, mai come oggi abbiamo la sensazione di non riuscire ad ascoltare tutta la musica che vorremmo…- non avendo in tasca risposte particolarmente brillanti alla pur legittima domanda, mi limito a segnalare gli album che, fra le “novità”, più ho ascoltato con sincera emozione nel corso dell’ultimo anno e ai quali si legherà la gran parte dei miei ricordi datati 2024.
Di alcuni, diciamo in qualche modo i più importanti per me, ho già parlato su Triste; molti altri mi sono limitato ad ascoltarli “in silenzio”, per scelta o per necessità. Ognuno di essi mi ha comunque detto o mostrato qualcosa, per lo più su di me o sul mondo, che spesso non era così chiara prima di averli ascoltati. Specularmente, ad ognuno di essi ho confidato qualcosa su di me o su come mi appariva il mondo mentre li ascoltavo, in una sorta di dialogo che forse è soltanto un soliloquio muto tutto interno alla mia mente. Un dialogo che peraltro, anche fosse effettivamente tale, io (ma non penso di essere il solo) non ho mai scelto di cominciare. Semplicemente, ad un certo punto, si è imposto e da allora non si è più interrotto. La musica, dopo quasi trent’anni, continua a parlarmi. A dirmi, appunto, “qualcosa”. E finché lo farà, mi sentirò molto fortunato.
Ci tengo a precisare che, più che una classifica, quello che leggerete è l’esito abbastanza disordinato e arbitrario di un insieme di note, impressioni e appunti diaristici raccolti furtivamente nel corso dell’anno, ma forse, in tempi di cosiddetta autofiction dilagante in cui la nostra identità si costruisce pubblicamente nella forma di un racconto fatto di letture, ascolti, visioni, reazioni e commenti a fatti o notizie, va bene anche così. Non possiamo razionalmente pretendere che le canzoni cambino la nostra vita ogni giorno, innescando epifanie o rivelazioni. Tuttavia, rubando una metafora al gergo musicale, non è insensato né vano sperare che le canzoni possano almeno “accompagnare” la nostra vita ovvero “ciò che ne è stato di noi mentre eravamo alle prese con il tentativo di ridefinirci” (Richard Rorty).
Potrei allora raccontarvi del calore che mi ha invaso il petto mentre scoprivo il disco dei Lo Moon sfogliando un giornaletto di recensioni cinematografiche poco prima della proiezione di Another End, uno dei film più belli che ho visto quest’anno a cui, da quel momento, il disco dei Lo Moon si lega indissolubilmente. Oppure potrei raccontarvi della stranissima sensazione che ho provato quando ho sentito Alone dei Cure per la prima volta, quasi fosse il suono del volo di un uccello rimasto imprigionato in un blocco di ghiaccio per sedici anni: leggero e pesante al tempo stesso. Potrei raccontavi di una chiacchierata telefonica con il cantante dei Brigitte Calls Me Baby durata quasi un’ora senza mai vedere il suo volto (aveva la telecamera dello smartphone rotto…) e di come quest’uomo abbia poi continuato a nascondermi beffardamente la faccia anche dalla copertina del suo disco. Potrei cercare di descrivere lo sguardo limpido di Pete Doherty a passeggio per Villa Ada con moglie e figlio mentre mi saluta con un “ciao!” squillante, bellissimo, più potente dello splendido concerto dei Libertines che lo avrebbe seguito. Potrei dilungarmi su Balu degli Elbow, ascoltata dentro una vasca da bagno, a Praga, la sera di Pasqua o su Just Another Rainbow che, soprattutto se la sento in macchina con la mia compagna, continua a sembrarmi una delle canzoni più belle scritte da John Squire e una delle migliori fra quelle interpretate da Liam Gallagher negli ultimi dieci anni. Potrei farlo ma cedo volentieri la parola a Paolo Nori, citando un libro (di autofiction? sì e no…), che è senza dubbio il mio preferito di questo 2024: “Quando è uscita la prima raccolta di poesie di Anna Achmatova, nel 1912, un critico, Viktor Sklovskij, ha scritto che Achmatova parlava delle cose che noi usiamo tutti i giorni e proiettava, su quelle cose, una luce che faceva sì che noi le vedessimo per la prima volta, nelle poesie di Anna Achmatova. Erano così cose di tutti i giorni, che non sembravano neanche cose di tutti i giorni”. Ecco, le canzoni, o almeno certe canzoni, quelle che amiamo soprattutto, come direbbe Paolo Nori: uguale, mi sembra.
Pop
- Lo Moon – I Wish You Way More Than Luck
- The Last Dinner Party – Prelude to Ecstasy
- Bullion – Affection
- Fabiana Palladino – S/t
- Royel Otis – Pratts & Pain
Rock
- Brigitte Calls Me Baby – The Future Is Our Way Out
- Fontaines D.C. – Romance
- Maxïmo Park – Stream of Life
- Godspeed You! Black Emperor – No Title as of 13 February 2024 28,340 Dead
- English Teacher – This Could Be Texas
Songwriter
- Bill Ryder-Jones – lechyd DA
- Beth Gibbons – Lives Outgrown
- Alex Pester – I Won’t Give Up On You
- Jessica Pratt – Here in the Pitch
- Marika Hackman – Big Sigh
Evergreen
- The Cure – Songs Of A Lost World
- Elbow – Audio Vertigo
- The Smile – Wall of Eyes
- Ex Aequo. The Libertines – All Quiet on The Eastern Esplanade / Vampire Weekend – Only God Was Above Us
- Liam Gallagher John Squire – S/T
Migliori EP del 2024
Voxtrot – Esprit de Coer
Cardinals – S/t
86TVs – You Don’t Have To Be Yourself Right Now
Album del 2023 scoperti nel 2024
Floodlights – Painting on My Time
Harp – Albion
Clockworks – Exit Strategy
Miglior concerto
The Libertines – Villa Ada, Roma, 1 luglio 2024
Miglior libro
Paolo Nori – Chiudo la porta e urlo, Mondadori, 2024
Migliori Film
La zona d’interesse – Regia di Jonathan Glazer
Another End – Regia di Piero Messina
The Holdovers – Regia di Alexander Payne
Il ragazzo e l’airone – Regia di Hayao Miyazaki
Perfect Days – Regia di Wim Wenders
Mi mancheranno
Mia nonna Carlina, Paolo Benvegnù, Sven-Göran Eriksson, Ernesto Assante.