Vieri Giuliano Santucci per TRISTE©
Tra le varie problematiche collegate al coronavirus e al lockdown, si è forse troppo poco parlato delle ripercussioni psicologiche di questa forzata e prolungata clausura.
Fortunatamente siamo (quasi) arrivati ad una specie di ritorno alla normalità, in cui almeno gli aspetti sociali potranno essere ripresi con maggiore intensità e libertà. Ma per soppesare gli effetti di quello che abbiamo passato, come per l’economia, dovremo forse aspettare ancora qualche mese.
Voi cercate di recuperare il prima possibile il tempo perso.
In questa situazione un po’ depressiva, è con piacere e con un po’ di sorpresa che possiamo “riabbracciare” (a distanza) Matthew Lee Cothran e il suo progetto Elvis Depressedly. Di lui vi avevamo già parlato cinque anni fa in occasione di New Alambra, ultima uscita prima del nuovo atteso, ma inaspettato, album.
Atteso perché Depressedelica era già in lavorazione da tempo. Inaspettato perché lo scorso anno, con un annuncio preoccupante su Facebook, Matt aveva sospeso l’uscita del disco per la necessità di curare i propri problemi di alcolismo, disturbo bipolare e depressione.
Se quell’annuncio è stato un fulmine a ciel sereno (anche se probabilmente non è questo il modo di dire più appropriato), il ritorno inatteso in piena pandemia (10 Aprile) può essere visto come metafora della fuoriuscita da una situazione di collettiva depressione, che è stata invece ben reale per l’artista statunitense.
Certo Depressedelica non è propriamente un album allegro e solare, come d’altronde l’intera discografia del progetto Elvis Depressedly. Ma ancora più forte è ora l’impatto del vissuto di Matt: il disco si apre con una domanda poco confortante, Who Can Be Loved In This World?, e ruota intorno a rimpianti per gli errori del passato (Jane, Don’t You Know Me?) e immagini tra il sogno (o per meglio dire l’incubo) e il ricordo delle più recenti esperienze di un’anima preda dei propri demoni e dei propri disturbi psichici (Chariot, Peace On Earth, Can You Hear My Guitar Rotting?, Control).
La morte è costantemente presente nelle 11 tracce del disco. “Do you ever get the sense of death” canta Matt all’inizio di New Love In The Summer Time, ultima canzone del disco, seppur accompagnato da sonorità catchy e scanzonate. Immagini di disperazione, tentati suicidi (“down on the floor I wept/gun to my head to end the spiraling down”) e incontrollabile caduta verso il baratro (“I was out of my mind/I was out of control/borrowing time, to rot away my soul”) si intrecciano continuamente.
Depressedelica è una discesa negli inferi della psiche, mitigata solo dal contrappunto che, in alcuni casi, le melodie riescono a generare (Jane Don’t You Know Me?, Peace On Earth, Can You Hear My Guitar Rotting?, New Love In The Summer Time). Se nei dischi precedenti i pezzi si aggiravano principalmente intorno a sonorità bedroom pop dalla forte impronta lo-fi, in questo album Matt mostra un ventaglio più ampio di sfumature ed influenze. Anche per l’utilizzo particolare dell’autotune molti pezzi, ed in particolare Control, riportano alla mente gli ultimi lavori di Justin Vernon. Allo stesso tempo è possibile rintracciare qualcosa di vicino ad Alex G, al Sufjan Steven più orchestrale e addirittura ai Cure (Holo World).
Ma proprio per il suo eclettismo e per le tematiche così personali, Depressedelica riesce ad evidenziare tutta la cifra stilistica e narrativa di Matthew Lee Cothran. Ad essere sinceri, se davvero dovessi indicare un riferimento, il nome che mi salta in testa ad ogni ascolto di questo ultimo album targato Elvis Depressedly è quello dell’ormai compianto David Berman. Non tanto per le sonorità (seppur lo accomuna l’approccio lo-fi), ma per la capacità di scavare nell’intimo guardando in faccia l’abisso. Ovviamente ci auguriamo che, a differenza di David, Matt sia riuscito a superare le proprie difficoltà. E forse proprio la pubblicazione di Depressedelica, come fosse un diario della “malattia”, è l’atto di liberazione che segna l’inizio di una nuova fase.
Accodiamoci anche noi a Matt. Lasciamoci alle spalle quanto di difficile abbiamo passato e cerchiamo di proiettarci verso una nuova fase e verso il futuro.
#dontbesad