Giulio Tomasi per TRISTE©

Se il precedente album interrompeva un silenzio di sette anni (intervallato comunque da un ep nel 2014), i Nana Grizol questa volta optano per tempi meno dilatati nel dare un seguito a “Ursa Minor” del 2017.
Lo fanno tuttavia con una significativa novità, ovvero l’incidere per la prima volta un’opera lunga non più sotto il marchio Orange Twin Record Company ma riparandosi sotto l’ala protettiva della Don Giovanni Records, la label del New Jersey che insieme alla Arrowhawk Records di Athens co-produce questo “South Somewhere Else”.

Per la band capitanata da Theo Hilton non deve essere stato semplice reggere la zavorra del paragone con le formazioni del giro Elephant 6, in particolar modo con quei Neutral Milk Hotel nelle cui fila militavano Robbie Cucchiaro e Laura Carter, colonne portanti dei Nana Grizol.
Diciamolo subito, data l’unicità di certe esperienze musicali qui quei confronti lasciano il tempo che trovano.

Meglio concentrarsi su come l’album numero quattro dei georgiani colga nel segno nel suo essere una sorta di disco di formazione in cui, citiamo la note stampa, ”Theo Hilton’s lyrics focus on experiences of queer white male socialization in the southern college town of Athens, GA”.

I nostri riescono dunque trovare la loro strada affrancandosi dai modelli di riferimento, in un percorso dall’irruenza spensierata – pensiamo ad alcuni momenti più “twee” altezza Saturday Looks Good To Me o certi Tullycraft – ma soprattutto condito da pregevoli prove di songwriting degne di alcune pagine di Colin Meloy o di uno Stuart Murdoch.

Se guardiamo al firmamento dell’indie americano, i Nana Grizol dopo anni e anni di attività hanno impresso la loro stella.

Dove è posizionata? South Somwhere else!