Kristin Hersh – Clear Pond Road

Primavera Sound 2009: il dilemma di contemporaneità tra i My Bloody Valentine in Auditori (ma già visti precedentemente in main stage) e lo show delle Throwing Muses, mi portava a favorire il gruppo di Kevin Shields.
Con il senno di poi un po’ rimpiango quella scelta, visto che oggi Kristin Hersh, fondatrice, con Tanya Donelly della band di Newport, bostoniana classe ’66, giunta all’album solista numero undici (o tredici?), si conferma figura di riferimento per chiunque voglia abbracciare una chitarra e farne sgorgare un fiume di emozioni e purezza.

Clear Pond Road, il suo nuovo album uscito per Fire Records, arriva a un lustro dal ruvido e ottimo Possible Dust Clouds, spaziando ancora una volta tra folk e indie-rock, nell’inconfondibile linguaggio che contraddistingue le sue uscite.
Alcuni dischi chiedono di essere registrati – ha rivelato l’artista di stanza nel Rhode Island. “Capisci che è necessario realizzarli quando i brani che scrivi diventano funzionali come i sistemi vitali di un corpo”.
In un disco che parla d’amore, esperienza, intimità e comunque di ricerca al di fuori di sé, la passione che Hersh infonde nelle sue canzoni suona con meno rabbia, più dolcezza e tristezza ma, in qualche modo, non meno viva.

Un baritono acustico come scheletro, i violoncelli come polmoni, una chitarra acustica Collings con corde di Nashville e un glockenspiel come dita delle mani, la batteria il cuore, ovviamente, e la voce narrante, aspra e intensa come non mai, ha il ruolo degli occhi.
Come un viaggio cinematografico, Clear Pond Road è una serie di vignette personali disegnate da un’artista ferocemente indipendente, felpate con strati di archi e mellotron atonali, taglienti e sognanti.
È un momento di svolta in una carriera già traboccante di primati creativi e riflessioni ispiratrici, un ulteriore elegante pezzo di un reportage personale.

Senza disdegnare episodi degni di un University, come la PJ Harvey degli esordi (Ms Haha), Kristin offre bozzetti di poesia urbana in Constance Street accanto alle meraviglie rarefatte di Valentine’s Day Massacre, inciampi blues alla Cat Power in Tunnels e una Dandelion che sembra uscire dal suo capolavoro (e primo disco extra Muses) Hips And Makers del 1994.

Kristin Hersh: un nome, una garanzia.

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