
Francesco Amoroso per TRISTE©
Tim Smith, texano, cantautore e fondatore del gruppo folk rock Midlake, provocò un certo scompiglio tra gli appassionati della musica indipendente, quando -dieci anni fa circa- all’apice della carriera e con due album di grandissimo successo all’attivo, abbandonò la band nel bel mezzo delle registrazioni del nuovo lavoro. Da allora, senza sosta, cominciò a lavorare al suo nuovo progetto: Harp. Se n’è scritto ovunque, Smith ha addirittura rilasciato interviste raccontando il processo di scrittura e le idee che andava sviluppando. Eppure, per anni, non c’è stata la possibilità di ascoltare nulla, tanto che, alla fine, sembrava che Harp fosse, più che un progetto concreto, un sogno utopico, una chimera.
E, invece, proprio quando i più avevano perso ogni speranza di ascoltare ancora le composizioni di Tim Smith (la sua voce era già tornata in un brano del progetto Lost Horizons) ecco arrivare Albion.
A dieci anni di distanza da quel piccolo cataclisma che aveva stravolto il mondo del folk rock indipendente, Albion è un album al contempo spiazzante e rassicurante, che si destreggia tra drum machine, synths, sonorità eighties, folk britannico e poesia mistica.
Smith, in questo lungo lasso di tempo, ha ricostruito la propria vita privata e ha ripensato la propria arte, scrivendo, registrando e acquisendo le capacità di produzione necessarie per riprodurre i suoni che gli riempivano la testa e, alla fine, ha deciso che era giunto il momento di aprire le porte del suo mondo creativo, fatto di ascolti ossessivi, studio, ricerca e grandissimo amore per la musica.
Ossessionato, ai tempi dei Midlake, dai Led Zeppelin, dai Pink Floyd e dal folk rock degli anni ’70( a partire da Fairport Convention e Steeleye Span), Smith aveva cominciato a scrivere brani che andavano in quella direzione.
Ma, sulla via di Damasco, è stato folgorato dalla musica degli anni ’80 britannica: The Smiths, The Cure, Cocteau Twins.
E quando le sonorità di quelle band hanno cominciato a risuonare in lui (“…Faith l’ho ascoltato per tre anni di fila, semplicemente lo adoro. E non l’avevo mai sentito prima! Mi ha davvero colpito. è stato come trovare una specie di casa, una base di partenza. Ho ascoltato Faith ed è stata un’esperienza travolgente. Ed è stato travolgente anche ascoltare tutta quella musica proveniente dagli anni ’80. Quindi non c’è stato niente da fare…), il texano si è reso conto che le canzoni su cui aveva lavorato negli ultimi anni non erano più quelle che voleva scrivere e suonare.
Tuttavia creare brani che riuscissero ad amalgamare il suono caldo e corposo degli anni settanta e i ritmi glaciali e le sonorità algide dei settanta si è rivelato più complicato del previsto.
Così, se di primo acchito, Albion può sembrare un lavoro dalle sonorità non troppo aliene rispetto a quelle della band di provenienza, è solo perché la straordinaria voce di Smith, pulita, struggente, equilibrata e piena di nostalgia è davvero inconfondibile.
Con gli ascolti, tuttavia, viene alla luce il grandissimo amore sviluppato negli ultimi anni dal texano per gli anni ottanta inglesi, Cure e Cocteau Twins in primis.
In un album meravigliosamente autoprodotto, suonato con le drum machine programmate da Smith e dalla moglie Kathy Zung, si trovano, così, suggestioni smaccatamente eighties (l’intro della superba I Am The Seed e Throne Of Amber che potrebbero essere uscite proprio da Faith dei Cure o il dream pop con tanto di tastiere di Country Cathedral Drive), senza che, tuttavia, i suoni dei seventies, da sempre tanto cari a Smith, siano trascurati.
In Albion si incontrano composizioni dai toni piuttosto cupi ma, spesso, i legni, le chitarre acustiche e le soavità dei synths donano ad alcuni passaggi (Chrystals, Country Cathedral Drive, Moon, Herstmonceux) una leggerezza e una radiosità inusitata.
Muovendosi tra folk-rock e new wave, tra due decadi così vicine eppure allo stesso tempo così distanti, il primo lavoro solista di Tim Smith è un’ode alla Gran Bretagna, ai suoi paesaggi e ai suoi suoni, filtrati, però, attraverso la spiccata sensibilità artistica e la forte personalità del musicista texano.
Pare che le canzoni accantonate nel passato, verranno presto riprese e che il prossimo lavoro di Smith -che dovrebbe, si spera, non arrivare tra dieci anni- sarà più orientato verso sonorità rock e seventies. Ma, quando anche questo Albion potesse essere un episodio estemporaneo, questo sorprendente atto d’amore verso sonorità britanniche del passato, antitetiche e complementari, rimarrà un dono inaspettato.
E, per questo, ancora più gradito.
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