Herself – Spoken Unsaid

Gioele Valenti, polistrumentista palermitano attivo musicalmente dai primi anni duemila, è un esempio più unico che raro di outsider di qualità che non scende a compromessi e ha più seguito all’estero che in Italia. Già protagonista con i Lay Llamas, negli ultimi tempi si è rivelato al pubblico con due distinti alter-ego, il primo di impronta indie-folk a tocchi noir (Herself) e l’altro maggiormente psychedelic-rock e kraut (Juju).

 A cinque anni di distanza da “Rigel Playground”, Valenti è tornato nei panni di Herself con Spoken Unsaid, uscito il 1 Marzo per la nostrana Urtovox.
Il sesto di una serie di lavori che rappresentano fieramente una linea di resistenza a un sistema che tende a “normalizzare” ogni proposta, adeguandola alle mode e alle bizze del mainstream. Personaggio misterioso e non di meno affascinante, Gioele Valenti gioca con le suggestioni dei suoi tormenti ispirandosi tanto a Sparklehorse e Eels quanto all’esperienza psichedelica dei Mercury Rev, con cui ha collaborato per Beast Of Love nel precedente album, senza dimenticare le liriche intimiste che lo accostano ad artisti quali Nick Drake e Mike Scott.

Il songwriting di Gioele Valenti ha un sapore di folk apocalittico a bassa fedeltà (San Francisco Bay), derive crooner nella lisergica Soul e pop adamantino come in un’esplosiva We Were Friends, venata di glam. Musica la sua che nonostante ammicchi alla recente ondata cantautorale statunitense  – Sand potrebbe essere dei Fleet Foxes o di Sufjan Stevens – osa spesso nel territorio di una sperimentazione equilibrata evidente nella conclusiva TvDelica, ideale gancio, pregno di elettricità, al disco a nome Juju pubblicato solo venti giorni dopo Spoken Unsaid.

Apocalypse Is God’s Spoiler (uscito per la Sister 9 Recordings di Manchester) è geniale sin dal suo decadente titolo e porta a un livello superiore l’opera dei nostri gruppi da esportazione con un’impronta global: mi riferisco a band quali C’Mon Tigre, o I Hate My Village: Black And White unisce i Goat a ritmiche afro e sfuriate free jazz, mentre il lento incedere di Doomed Love si tinge di psichedelia stroboscopica grazie anche al tocco di Luca Giovanardi dei Julie’s Haircut.

In Wild Life fa capolino il post-punk come lo intenderebbero i TV On The Radio, dove Cosmic Fall è una fotografia efficace dell’intera raccolta che mostra il talento dei compagni di avventura di Valenti: Vincenzo Schillaci al basso e sintetizzatori e Andrea Chentrens alla batteria e percussioni. 

Clear è l’ultima sosta del disco: realizzata da Juju insieme a Chad Channing, ex-batterista dei Nirvana, offre un’istantanea di grande vitalità pur nella sofferenza che permea la canzone, e con essa il mondo d’oggi.

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