The Lemon Twigs – A Dream Is All We Know

A solo un anno dall’eccelso Everything Harmony, The Lemon Twigs tornano con l’altrettanto splendido A Dream Is All We Know.
La ricetta resta la stessa: canzoni perfette, in bilico tra Wings, Beach Boys e innumerevoli riferimenti stilistici ai primi anni Settanta. L’esplosione pop dei Lemon Twigs manda ovunque schegge di chitarre a 12 corde, voci sovraincise, lick armonizzati alla Brian May e chi più ne ha più ne metta.

L’importante è che si tratti sempre di mezzi stilistici oggettivamente dismessi dal mainstream musicale. Quand’è stata d’altronde l’ultima volta che avete sentito delle parti di basso registrate così? Direi almeno quarant’anni fa. Purtroppo, aggiungerei.
E allora? Tutto qui? Solo una questione di maniere vintage e revivalismo? Credo di no, o meglio, sospetto ci sia dell’altro.
Chiaramente è divertente giocare a riconoscere qui i Big Star, lí i Turtles, lì ancora qualcun altro, ma a me pare ormai chiaro che lo scopo dei Lemon Twigs non sia imitare, ma diventare. Essere davvero un classico del rock dei primi 70s, fluttuante in quello spazio magico di ricordi collocabili dopo i Beatles, prima del punk, ma estranei al mondo del prog e dell’hard rock.

Non saprei nemmeno se possiamo davvero parlare di nostalgia. Sicuramente oggi, affetti da mille turbe apocalittiche, tendiamo a immaginare quegli anni come un’epoca in cui “esisteva ancora il futuro”.
Dall’altro lato, sono convinto che nell’aria ci fosse già un sentore di perdita. Non si spiegherebbero altrimenti le narrazioni retrospettive dei Ramones (“Do you remember rock and roll radio?“), ancor prima, quelle degli Ac/Dc (“And it came to pass / That rock ‘n’ roll was born / All across the land every rockin’ band / Was blowin’ up a storm“) e, se vogliamo proprio spaccare il capello e andare pescare davvero nei primissimi 70s, non si spiegherebbero nemmeno certe amarezze post adolescenziali dei Big Star (“Won’t you tell your dad get off my back… Tell him what we said about Paint it Black…“).

Insomma, la mimesi è talmente perfetta da non essere più tale e ormai è come se The Lemon Twigs fossero sempre esistiti (o perlomeno dal 1970 in poi).
Se poi tutto ciò vi suona come un gioco, vi suona artificioso, meglio ancora.
D’altronde anche il registro giocoso è una delle grandi armi messe in cantina dalla musica pop.

Offrire una via di fuga dalla realtà è un dovere sacrosanto della musica pop e direi che qui è stato pienamente adempito.

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