
Tiziano Casola per TRISTE©
“A Paul McCartney, i Wings glieli abbiamo perdonati a stento” dice sempre il mio amico Dario Improta.
Lo dice citando a sua volta un vecchio collega di università.
Lo dice e poi si ride, ride lui, rido io, come fai a non ridere? Ridiamo comunque da ipocriti, perché alla fine i Wings ci piacciono, mi piacciono. E pure tanto. Ovvio che non sono i Beatles, però oh, dai!
Cosa c’è di male allora? C’è di male che la società corrotta in cui viviamo attorno a certo rock settantiano impone di provare vergogna, perlomeno da una certa generazione in giù. Mi piace pensare che la colpa sia del grunge e della stampa musicale troppo innamorata del punk, per giunta per motivi diversi dai miei.
Per fortuna, negli ultimi anni fare coming out intorno a certe cose è comunque diventato più facile (avete presente quando in Licorice Pizza parte Let me roll it?) e se questo continuerà ad accadere il merito sarà anche dei Lemon Twigs e di questo loro Everything Harmony, disco che senza pensarci due volte dichiaro perfetto. Sì, per-fet-to. Splendido.
Splendido l’arpeggio di apertura di When Winter Comes Around. Splendido il singolo, In My Head, che cela più Weezer di quanto possiate immaginare. Splendidi i mccartneyismi di Corner Of My Eye, splendidi i lennonismi di What You Were Doing.
Splendido tutto il resto, fino alla chiusura con New to Me, che ancora una volta mi rimanda ai Weezer migliori, quelli di Pinkerton, in cui il power-pop e certi barocchismi 70s pulsavano nemmeno troppo nascosti sotto la veste emo-core.
Mettiamo le cose in chiaro: mai desiderato vivere gli anni Settanta, epoca di cui i racconti e l’ostentata nostalgia mi hanno sempre fatto orrore e spavento.
L’arte concettuale, i cantautori pretenziosi, i ricordi dei collettivi scolastici e lo spettro del terrorismo teneteveli, per favore.
Qui però l’universo di riferimento non è quello delle università occupate, ma quello dei Big Star e delle melodie ben scritte, delle acconciature ‘da fregnoni’ e delle armonizzazioni vocali.
Senza elementi perturbanti, al massimo qualche porcheria birbante coerentemente inzeppata in qualche ballata romantica (“Won’t you tell your dad, ‘Get off my back’/ Tell him what we said ‘bout ‘Paint It Black’/ Rock and Roll is here to stay/ Come inside where it’s okay” cantava per l’appunto Alex Chilton).
È il mondo dei ristoranti al Vivaro sulla Via dei Laghi, circondati da boschi di aceri e maneggi e con le insegne a forma di funghi giganti, direbbe Cristiano Pizzuti dei Black Tail, che di amare gli Eagles non si è mai vergognato.
Sarà che ci mancano la modernità, le macchine coi pulsanti e la facilità di immaginare futuri radiosi, anche a costo di essere buffi. Tutto ciò i Lemon Twigs ce lo hanno confezionato per bene, racchiuso nei falsetti di Any time of Day, ultima sintesi di tutto ciò che vi siete sempre vergognati di ascoltare e dunque non sapete ancora di amare.