Carlotta Corsi per TRISTE©
Ho venticinque anni, sono donna e vivo in una società prettamente di stampo patriarcale. Questa è la sfida che affronto ogni giorno e che cerco di affrontare, semplicemente portando i miei sogni e desideri a compimento e tenendo i denti stretti di fronte ai divieti di forma e di genere. L’atto di scrivere, esprimermi liberamente circa un album, è uno dei tanti gesti quotidiani che faccio per affermare, a me stessa, che il cambiamento deve essere naturale, proprio come lo è il gesto di pensare e di sviluppare una critica perché, dopo tutto, un cervello ‘o teng pur’io guaglio’.
Poi mi capita di sorprendermi mentre mi sforzo alla ricerca di una parola solo perché, in fondo in fondo, voglio conformarmi al pensiero degli altri, allora in quei momenti mi fermo.
Mi fermo, osservo e tento di comprendere il comportamento umano, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e, soprattutto, chi ha deciso cosa lo sia.
Poi, come faccio sempre quando ho bisogno di risposte, inizio ad ascoltare un disco, in questo caso Reckoning di Mourning [A] BLKstar.
E’ un disco senza sforzo, vero, di sentimento, che parla con il cuore di ciò che ci fa stare bene e stare male e soprattutto mette in discussione i canoni della parola “definizione”. Il progetto nasce dall’urgenza di R.A Washington, in seguito alla morte di un caro amico, di incanalare nel modo più appropriato la propria creatività in qualcosa che fosse utile e terapeutico al tempo stesso: insomma chiama un paio di amici – LaToya Kent e James Long – per registrare qualche nuovo suono in onore dell’amico ed ecco che nasce qualcosa di speciale.
Il progetto, ad esclusione del produttore Washington, al momento conta sette elementi che elevano il suono ad un livello spirituale e tecnicamente davvero molto alto. Definiscono il loro suono come “Soul, Punk, Astro” e devo dire che ho potuto trovare un filo di logica in queste tre parole messe assieme solo dopo l’ascolto.
Già dai primi minuti si capisce che in questo disco i musicisti usano lo strumento come estensione del proprio corpo e i cantanti la propria estensione come uno strumento. Quello che fanno nei tredici brani, quindi, non è per niente facile, ma comunica tanto e costituisce un momento di condivisione davvero forte, di una comunità, in questo caso nel cuore di Cleveland, che sente il bisogno di creare qualcosa di iconico.
E non è forse questo il modo migliore per combattere una società che spinge la così detta “minoranza” all’interno di una definizione, di un “inscatolamento” sociale?
L’eccellenza come simbolo, il sentimento come mezzo di comunicazione, la comunità come fine ultimo. La sfida è dunque universale e ogni giorno, uguale e diversa per tutti. L’importante è ascoltare buona musica e ricordarsi di volersi bene un poco di più.