Giulio Tomasi per TRISTE©
A patto di tener fede alla preponderante visione d’insieme che trasuda questo “Valeriana”, ho provato a sviscerare un’opera intensa quanto umbratile, e alla fine mi sono fatto fare a brandelli emotivamente dalle rovine dreamy emergenti da uno dei più significativi, quanto grigi, debutti degli ultimi mesi.
Fra le macerie puoi scorgere di tutto, da un drumming sempre corposo, alle fascinazioni sophisti-ottantine di “Remember Me”, dalle parti di un Jack Tatum e degli Ice Choir, che proprio qui in casa Shelflife hanno dei trascorsi – il loro 7” “Two Rings” del 2011 è uscito appunto per l’etichetta di Ed Mazzucco e Matthew Bice.
Ma c’è molto altro, c’è tutto il fascino degli inverni dei Motorama, in pezzi come “Easy Life” e “Haven” , o addirittura spasmi vagamente tribal in “Mirage” e rimandi ai Cure più scuri nella strumentale title track, dalla crescente suspense a prova di incubo. Incubi che poi passano e lasciano il passo alle suggestioni rasserenanti di “Woe”.
Si chiude in bellezza ma anche in dolcezza con “Transient”, ma è una dolcezza da un retrogusto come dire… particolare, amaro non sarebbe la parola corretta, poiché certi ricordi non possono esserlo.
Ascoltando l’ultimo brano dei ragazzi di Tampere si materializza infatti il fantasma di un amore finito, o meglio quello di un progetto musicale che non esiste più, il riferimento è ovviamente a The Pains Of Being Pure At Heart.
Fra le varie band accostabili ai Mumrunner non avevo citato ancora Kip Berman e soci. Sia chiaro gli autori di “Valeriana” presentano un buon margine di emancipazione rispetto tutti i nomi chiamati in causa e il rimando all’indimenticabile combo newyorkese assume qui un valore particolare.
Dato che i presupposti con questo esordio ci sono tutti, seppur con le dovute differenze stilistiche, mi auguro che i nostri possano regalarci un giorno un album capolavoro, come i Pains fecero nel 2009 con il loro omonimo in bianco e nero, in grado di apporre un tassello in quel mosaico di gioia e lacrime quale è l’indie pop.