Marco Fauciello (Bucolica) per TRISTE©
Strana la vita.
Quando non puoi fare una cosa, è la volta che desideri farla. E se prima non era nemmeno lontanamente tra le tue priorità, tutto a un tratto lo diventa.
Mi capita con l’acqua: non ho mai sete finché ho l’acqua vicino, ma muoio dalla sete quando non ne ho più.
E mi capita con i viaggi. In questo periodo di lockdown, la cosa che mi manca di più è viaggiare. Magari in posti lontani.
Come sempre la musica mi viene in soccorso.
Tra le “destinazioni” più desiderate c’è la Nuova Zelanda e allora a guidarmi in musica arriva quel suono che nella metà degli anni ottanta nasceva proprio in Nuova Zelanda, nella città di Dunedin.
E che di lì a poco si trasformò in un genere: il “Dunedin Sound”.
Una sfumatura del “pop”, quello più chitarristico e leggermente psichedelico che portò alla ribalta una serie di band come The Clean, o The Verlaines, solo per citarne due (non) a caso.
Da Dunedin arrivano i Marlin’s Dreaming.
Giunti alla seconda prova sulla lunga distanza (intervallata da un EP) non deludono le aspettative create dai primi tre singoli, uno più bello dell’altro.
Outwards crying, Sink or Swim e Alike fanno (e faranno) parte sicuramente delle canzoni che alimentano la nostra fantasia e voglia di viaggiare.
Il resto del disco scorre via tra singoli apripista mancati (Cabbage Tree) e melodie sognanti (Colourful Dissaray, Lick the brains).
Non mancano i “duelli” di chitarre (Outristic pt2) o tracce il cui potenziale è appena accennato (False Start, Mr Sun).
Direi che finché possiamo aiutarci con dischi come questo, la nostra fantasia non dovrà temere mai dogane e lockdown.
Anche se, bisogna dirselo, sarà meglio imparare a non trascurare i desideri.