Giulio Tomasi per TRISTE©
Senza essere blasfemi, la musica pop è soprattutto una questione di fede e lo sanno bene i Jade Hairpins, progetto collaterale di Jonah Falco e Mike Haliechuk dei Fucked Up. Il loro esordio per una label di notevole spessore quale è Merge non fa altro che ribadire questo credo.
Se “J Terrapin” parte in quarta con uno slancio energico a ricordarci che in principio fu Elvis Costello, è ”(Don’t Break My) Devotion” che fin dal titolo ci fa presente se non si fosse capito il peregrinare in zona liturgica, al cospetto di una preghiera dance dove l’intento è salmodiare la buona novella wave di band evangeliche come Squeeze, Xtc, Sparks e Talking Heads.
“Yesterdang” ha un incedere degno di certo pop sornione come se nella seconda metà degli 80’s si fosse compiuto il prodigio del passaggio a Deejay Television dei They Might Be Giants.
Già che siamo in tema di videoclip, ma “Post No Bill” da che razza di immagini sarebbe stato accompagnato se fosse uscito in piena epoca di edonismo reaganiano?
Lo diciamo in virtù del suo piglio tra qualcosa dei Material e George Michael, quindi tra il sacro e il… propano. Sì perché sembra stimolare immagini di una incandescente carica erotica.
Ma meglio lasciar evaporare i bollenti spiriti e a tal proposito ci purifichiamo con “Broadstairs Beach”. Qui i nostri, discepoli modello di Paul Simon altezza Graceland, camminano diritti dritti sulle acque per portarci in località esotiche.
E noi qui vogliamo restare, in terre più o meno incontaminate, nel limbo VampireWeekendiano di “Dolly Dream”, una canzone che ci mostra i Jade Hairpins in stato di grazia, un pezzo che con la volontà di chi sta in alto potrebbe diventare una potenziale hit da playlist alternative di Spotify.
Aspettando di sapere se questo accadrà, godiamoci “Mary Magazine” con la sua capacità di resuscitare dalla nostra memoria tutta una pletora di band power pop, un po’ come era successo precedentemente con “Father Coin” in territori però pub rock.
Ci stiamo per congedare e quale modo migliore per chiudere quello che abbiamo visto essere un apocrifo di una stagione musicale passata se non un brano del calibro di “Truth Like a Mirage”.
Qui viene onorato uno dei padri spirituali della band, ovvero quel sant’uomo di David Byrne.
Ma l’ultimo comandamento, nonché il più importante, per la formazione sembra essere “ricordati di santificare le feste”.
Provate voi infatti a resistere alla tentazione di non lasciarvi andare con il groove da party quasi italo-disco, di sicuro molto New Orderiano di “Motherman”.
In definitiva, gridare al miracolo per questo disco forse sarebbe una bestemmia, ma in questi tempi bui dischi spensierati e al contempo intelligenti come “Harmony Avenue” sono una vera manna del cielo.