Lacinskij – Sound[e]scaping Vol. I

lacinskij

Giulio Tomasi per TRISTE©

La DoreMillaro [Sb]Recs compie dieci anni di esistenza o sarebbe più appropriato dire di “non esistenza” in ossequio a quella compilation, “Catania non esiste”, manifesto identitario della stessa label etnea.

Per chi non avesse avuto fin qui familiarità con l’etichetta dei vari Smegma Bovary, Mapuche e Bestiame per citare solo alcuni degli artisti prodotti,  nasce grazie alla volontà e all’ostinazione belligerante di Giuseppe Schillaci, che, dopo anni di militanza in svariati progetti musicali, debutta in solo con questo “Sound​[​e​]​scaping Vol. I”.

Il trasognante inizio di “C-Major Irresolution” fa pensare a dei corrieri cosmici teutonici smarriti fra le strade di Sicilia. E già ci rendiamo conto di come in queste lande potrebbe succedere di tutto.

Persino che qui vi si ambienti un videogioco splatter musicato secondo i dettami di Carpenter. “Reichalia Odissey” con i suoi 8 bit di separazione fra l’orrore e l’estasi incarna tale stato di cose.

Si! Aspettiamoci la qualunque, persino di trovare un pezzo Moroderiano che non suoni passatista. “Travel With Raffaella Carrà [Let’s Try Love]”, ha infatti un piglio irresistibile nel suo essere aggiornamento storico e non modernariato d’accatto.

Se il brano precedente rappresentava una boccata d’ossigeno rispetto a certe criticità ossessive e sinistre veniamo rispediti in una cappa ipnotica e disturbante in “Arab Reflective Anxiety”.

Tale clima perdura in “Quarantine Rain” una corsa techno disperata nel buio. Ma tranquilli poi arriva la luce NewOrderiana in fondo al tunnel.

È quindi un topos ricorrente dell’album quello delle tenebre che fugacemente lasciano spazio a sprazzi di chiarore. Pensiamo a “Ossessione/Endgame”, qui il Sol Levante degli Yellow Magic Orchestra illumina uno scenario dove attorno non possiamo che trovare un cumulo di macerie e brandelli.

La dichiarazione d’intenti esplicita di questo primo full length in solo era dunque quella di creare una sonorizzazione cinematografica virtuale. “The Before It Happens Theme”, ça va sans dire, è il pezzo che più di ogni altro sposa tentazioni da grande schermo a una visione da dancefloor. Il suo incedere è degno di un blockbuster movie e simmetricamente di un inno per la “jilted generation”.

La chiusa è affidata “Midwest” approdo verso la forma canzone più o meno pura. Il peregrinare strumentale di quasi l’intera opera ci ha proiettato in direzione di un’ultima traccia sulle orme di certi NIN, il che dimostra la capacità del nostro di usare una pluralità di registri.

È questo senza dubbio il più grande merito di Giuseppe “Lacinskij” Schillaci, il prestare il fianco a una versatilità che non è mai accasamento verso lidi di comodo. C’è sia la capacità di rendere omaggio alle strade tracciate da altri quanto quella mancanza di timore reverenziale, leggi alla voce autoconsapevolezza, rispetto a modelli che altri avrebbero trattato con sterile emulazione.

Sta proprio qui il senso di una parabola artistica, dove giocoforza la parola indipendenza fa rima con resistenza.

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