Peppe Trotta per TRISTE©
Architettura, pittura, scultura, musica, astronomia. A quasi cinquant’anni dalla pubblicazione, la magnetica visionarietà di “Le città invisibili” continua a rivelarsi fonte inesauribile da cui artisti e studiosi traggono fertile linfa per le proprie produzioni. Se provate a cercare sul web troverete un numero infinito di mostre, dischi e pubblicazioni di vario genere costruiti a partire dalle suggestioni derivanti dalla lettura del libro.
Non mancano neppure i casi sconcertanti, quale ad esempio una linea di crostate (avete capito bene, parliamo di pasticceria) con applicati skyline ispirati ad alcune delle descrizioni fornite da Marco Polo all’imperatore Kublai Kan. Tornando a livelli consoni allo spessore dell’opera calviniana, immergiamoci nel nuovo lavoro firmato A Winged Victory For The Sullen.
Quinto disco dell’ormai decennale collaborazione tra Adam Wiltzie (Stars of the Lid) e Dustin O’Halloran, “Invisible Cities” è la versione autonoma e condensata della colonna sonora composta dal duo per l’ambiziosa produzione teatrale omonima diretta da Leo Warner. Estrapolato da quel contesto vorticoso, nutrito dall’interpolazione di recitazione, danza, costruzione scenica e videomapping, l’universo musicale plasmato dal duo conserva intatta la sua forza evocativa e la sinuosa eleganza con cui sapientemente traduce e cristallizza l’incanto del racconto.
L’abituale commistione tra partiture neoclassiche e diafane frequenze ambientali, che caratterizza fin dall’omonimo esordio il suono del progetto, è ancora una volta la materia di base attraverso cui i due musicisti americani danno forma ai tredici scenari qui raccolti.
Dischiuso dalle fluttuazioni di “So That the City Can Begin to Exist”, che con il suo essenziale quanto efficace dialogo tra pianoforte e sintetizzatori genera una sorta di lieve decollo, l’itinerario proposto si sviluppa come un’ariosa carrellata di ampi piano sequenza disegnati da una macchina da presa perennemente alzata a volo d’uccello sulle città narrate.
L’atmosfera è onirica e dilatata, marcata da armonie corali che si diluiscono fino a tramutarsi in penetranti drone in graduale dissoluzione. È un connubio tra acustico e sintetico da cui emerge una cosmicità elegante, resa più solenne quando in filigrana appare la presenza di eterei vocalizzi (“The Celestial City”), territorio ibrido e perfettamente bilanciato tra visioni sonore distinte e riconoscibili.
La delicata melodia pianistica che apre “The Divided City” ci riporterebbe alla “We Move Lightly” di O’Halloran se non si inabissasse nelle ruvidezze elettroniche terminali, così come luminosi riverberi acustici smussano la rarefazione oscura e indefinita di marca Stars Of The Lid in “Despair Dialogue”.
Come sempre nelle narrazioni di A Winged Victory For The Sullen fondamentale è il ruolo degli archi, elemento trainante per definire ascese emozionali incalzanti (“Only Strings and Their Supports Remain”) o maree cullanti ed ipnotiche (“There Is One of Which You Never Speak”).
Malgrado la coesione dell’insieme, sarebbe errato pensare “Invisible Cities” come un percorso monocrode. A tratti, riecheggiando la complessità del [sur]reale descritta nel romanzo, il suono vira verso paesaggi foschi ed inquietanti (“Thirteenth Century Travelogue”, “Total Perspective Vortex”) perché “le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.”
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