Francesco Amoroso per TRISTE©
“I hope the ground we’re on
Will quit sinking
And that bright leaves
Lead us from the dark
And fireflies open my heart
I hope the dirty snow
Will melt soon“
C’è chi di vita ne vive una sola, e pure piuttosto piatta e monotona, e chi, invece, ha la forza, la capacità o, in certi casi, la fortuna, di riuscire a viverne tante, contemporaneamente o una dopo l’altra, reinventandosi di continuo, rinascendo dalle proprie ceneri, lasciandosi alle spalle il passato per guardare sempre con fiducia (spesso cieca) al futuro.
Mi vengono in mente queste piuttosto banali riflessioni ascoltando Antelope Running, il nuovo lavoro del canadese (ma ormai da tempo di stanza negli States) Jesse Marchant, cantautore che ha da poco raggiunto la fatidica soglia dei quarant’anni.
Jesse, durante la sua vita, si è già reinventato almeno un paio di volte.
Originario di Montreal, Marchant si è trasferito a New York a 19 anni per dedicarsi alla recitazione dopo aver lasciato l’università.
La sua carriera in ambito cinematografico era iniziata nel migliore dei modi, interpretando diverse pellicole indipendenti e persino facendo da controfigura a George Clooney per uno spot televisivo.
Ben presto, però, suonando Love In A Dangerous Time di Bruce Cockburn per la colonna sonora dell’omonimo film nel quale stava recitando, Jesse aveva sentito una sorta di epifania e aveva deciso di reinventarsi, per la prima volta.
L’ispirazione, improvvisa ma irresistibile, lo ha portato a dare alle stampe, nel 2008, con lo pseudonimo di JBM, Not Even In July, registrato in una chiesa riadattata a studio di registrazione a Hudson, NY.
Influenzato sia dal songwriting più classico che dell’intimismo rallentato e crepuscolare di artisti come Red House Painters e Low, Marchant aveva avuto un discreto riscontro con canzoni emotive, dalle sonorità classiche ma dilatate e evocative.
Dopo un altro album (altrettanto buono) con la sigla JBM, Jesse, nel 2014, decide di reinventarsi ancora, anche se, stavolta, sembra che il rebranding sia in gran parte solo di facciata.
In realtà l’album a proprio nome e il successivo Illusions Of Love del 2018, pur mostrando una certa continuità con le atmosfere dei due lavori precedenti, sembrano voler proiettare Marchant verso l’esterno e verso un rock più orecchiabile e immediato, con arrangiamenti più classici e puliti, quasi che uscendo dall’ombra del suo pseudonimo, Marchant voglia puntare a un riconoscimento più ampio e universale. La conseguenza è, quasi inevitabilmente, che, nonostante la classe del suo songwriting e la sua emozionante voce, acuta e calda, rimangano intatte, i primi due lavori a nome Jesse Marchant, collochino il cantautore di origini canadesi in un limbo di aurea mediocritas insieme ad altri talentuosi ma non straordinari interpreti e autori di folk-rock più o meno da FM.
Antelope Running, il terzo album a proprio nome e il quinto in totale, invece, è un disco così ispirato, sia dal punto di vista della performance vocale che della scrittura e degli arrangiamenti, da elevare definitivamente Jesse da quel limbo cui sembrava destinato, per proiettarlo nell’empireo dei migliori cantautori della sua epoca.
Allo stesso tempo delicate e potenti le undici canzoni che compongono il nuovo album sono in grado di ammaliare e risplendere grazie alla semplicità della loro struttura sonora e dei loro arrangiamenti.
Jesse Marchant di mostra di essere un musicista profondamente ispirato che non ha bisogno di rendere la propria proposta sonora più appetibile o più prevedibile, ma che, anzi, riuscendo a dare respiro alle sue composizioni, ne fa risaltare immediatamente le qualità.
La traccia di apertura Hard to Say the Meaning imposta il tono dell’intero lavoro su atmosfere riflessive e anche malinconiche, su un flusso continuo di ricordi restituiti con dettagli poetici: “I remember I missed you that night after a call from back home/ Michelle almost died but chose living/ At dusk I walked in the pink/ and looped ‘Ambulance Blues’ until the batteries died“
Uno dei brani centrali dell’album, An Accident (from 3 perspectives) ha a che fare con un incidente di snowboard subito nell’adolescenza. Con un intro delicato e un crescendo ritmico coinvolgente, la storia è raccontata dal punto di vista del fratello che ha assistito all’incidente, della madre rimasta al suo fianco durante le ore trascorse in ospedale e dalla sua propria prospettiva ed è un brano che dimostra le incredibili doti narrative di Marchant, che sperimenta eppure riesce a essere efficacissimo.
Go Lightly è una carezza, un massaggio auditivo: arricchito da un pianoforte gentile e un sublime clarinetto, la canzone riflette su un vecchio amore da un punto di vista che sembra finalmente maturo: “Well we don’t live so quietly now/ And lies have followed me around/ Light fissures forming cracks/ In a dull life leading you to stray“. Allo stesso modo Dirty Snow è una riflessione sobria e intensa sulla vita. “I’m partly fooling around/ By sharing all/ Of this drivel today/ You know I only fill the air/ Because I love you/ Please understand me” canta Marchant e, in Hatchet Of Destiny, ribadisce: “Please Understand Me/ I’m only trying to be honest/ I am hoping“. Non si può che dargli fiducia, essere onesti e amarlo a nostra volta.
L’uso delle tastiere, del contrabbasso, dei fiati e del piano danno a tutti i brani un leggero tocco jazz, ma Marchant non utilizza tale espediente per suonare più distaccato, ma per coinvolgere maggiormente l’ascoltatore, attraendolo con arrangiamenti più persuasivi e audaci, per poi colpirlo al cuore con versi potenti e veri come nella suggestiva title track o nella sofferta Century.
Le canzoni si dipanano davanti all’ascoltatore nel tempo, sbocciano lentamente e offrono immagini e pensieri nei quali immergersi e perdersi.
A volte, poi, basta una melodia semplice, una chitarra acustica, un testo diretto ed evocativo e la magnifica voce di Jesse per distruggere definitivamente ogni resistenza. E’ il caso di I Never Knew: “I never knew/ Which way I was going With the past/Still holding final say/ I had lost the reins/All disappears/ But the picture of you and I Gulls in the bay/ Under dark clouds of rain”
Quello che Jesse Marchant ha fatto con Antelope Running è straordinario: con animo poetico e grande sensibilità sonora ha creato canzoni senza tempo che si districano tra riflessioni sul passato e slanci verso il futuro senza mai suonare sentenziose o retoriche.
Nonostante a soli quarant’anni si sia già reinventato più volte (e probabilmente lo farà ancora, visto che la recente nascita di un figlio gli darà ulteriori angolazioni da cui contemplare l’esistenza) Jesse non ha la presunzione di regalarci una verità assoluta, solo acute e delicate riflessioni tra sentimenti, desideri e rimpianti, magnificamente confezionate.
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