The Courettes – Back in Mono

Tiziano Casola per TRISTE©

Intorno ai 12 anni, come tanti altri occidentali in altre decadi, feci la scoperta di Eleanor Rigby e decisi che sarei diventato un fan dei Beatles. Per farlo però bisognava essere preparati e, in un’epoca ancora pre-web, questo avrebbe richiesto parecchio tempo. Acquistai dunque (probabilmente in un mercatino dei libri usati, ipotizzo al borgo di Nettuno, ma chissà) il libro “Le canzoni dei Beatles” del 1969, una raccolta di testi dei fab4 che periodicamente rispunta fuori nelle librerie in forma riedita, in cui – attenzione – ai testi della canzoni sono affiancate splendide illustrazioni psichedeliche dell’epoca, curate da Alan Alridge.

Gran parte delle illustrazioni le porto stampate in testa da decenni, ma l’azione di queste sul mio immaginario di preadolescente è un altro discorso. Quel che è importante è che una volta acquistato il libro memorizzai titoli e testi di tutte quelle canzoni senza però averle mai ascoltate. Iniziai da allora a voler reperire tutto ciò che i Beatles avessero mai registrato e si badi bene che – per quanto nati negli anni Cinquanta – i miei non avevano mai posseduto mai nemmeno mezzo disco dei Beatles. Partivo dunque da zero.

Mia prima tappa fu il negozio di dischi “Jommi” a Velletri, dove acquistai With the Beatles in musicassetta (!), credo intorno alle quindicimila lire. Il primo ascolto alla cassettina lo diedi da un impianto stereo che all’epoca si trovava in camera di mio zio (impianto che recentemente ho recuperato) probabilmente col livello di attenzione più alto tenuto in vita mia.
Inutile dirvi che la gioia sprigionata in me da quel secondo album dei Beatles rimane tuttora la mia pietra di paragone per qualunque ascolto.
Inutile pure specificare che per me la felicità necessita un certo tipo di suono, un certo tipo di stivaletti neri, un certo tipo di strumenti – Gretsch, Hofner e via dicendo – e che guardo con attenzione a qualunque operazione di revival sessantiano mi capiti sott’occhio.
Che poi non è vero che queste cose sono tutte uguali, perché esistono infinite sfumature di sixties, infinite possibilità di allargare il repertorio musicale di quel decennio, in modo più o meno realistico o sfacciatamente immaginario. L’importante è che il mondo si fermi prima del 1970. Mi viene in mente, a proposito, un fumetto di Daniel Clowes in cui il protagonista era un uomo appassionato di 1964, un fan proprio di quell’anno in particolare.

Ci ho già girato troppo intorno: il disco dei Courettes, dei quali fino a poco fa non conoscevo l’esistenza, mi spiazza e mi commuove.
I Courettes sono un duo garage, chitarra – batteria, maschio-femmina e via dicendo, e fin qui niente di nuovo. Nemmeno il fatto che in realtà sui loro dischi si sentono un sacco di altri strumenti, d’altronde quale duo di questo genere in fondo lo è davvero? (I White Stripes avevano già quella traccia di slide guitar in più nell’ultima traccia del primo album, quindi…).

Scopro dell’esistenza dei Courettes grazie al loro singolo R.I.N.G.O. (ecco, appunto), pubblicizzatomi da un moderno social network, un paio di giorni dopo l’uscita del disco. Raramente apro i video che mi vengono proposti, ma stavolta dall’ anteprima si intravedeva una chitarra Silverton, dunque andava fatto.
Dicevo, il disco dei Courettes non solo mi piace, ma mi commuove. E non per i tanti riferimenti stilistici ai primi Beatles, o alle tante girl band marchiate Phil Spector, o per i giochini di parole che rimandano a questo o a quello. Il disco dei Courettes mi commuove perché è una raccolta di canzoni perfette, di instant classic in piena regola.
E prima che per qualunque questione ‘di stile’, è per questo che suona spectoriano: per la qualità delle canzoni prima che per il magico riverberone.
Credo che un riverbero possa dichiararsi ‘alla Phil Spector’ solo quando consegna una canzone appena incisa già a una dimensione epica, epica almeno quanto portare al drive-in la ragazza che ti piaceva al liceo.
E poi cosa c’è di più epico di giocare a rivivere un’epoca in cui tutto sembrava sarebbe andato di meglio in meglio?
Back in Mono dei Courettes merita per me tutto il riverbero del mondo, meglio se analogico.

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