Ryuichi Sakamoto – 12

Peppe Trotta per TRISTE©

Avvertire costantemente la presenza del vuoto, sentire in modo prepotente la caducità della vita è un motore emotivo potente quanto incontrollabile, forza che può spingere in direzioni diverse con impeto mutevole.
Nell’esperienza di Ryuichi Sakamoto l’ombra profonda derivante dalla lotta prolungata con il cancro si è tradotta nell’ultimo decennio in un fare artistico diluito, ma anche di rara intensità. Lo ha testimoniato l’eccellente async  – risalente a ben sei anni fa – e ne è prova tangibile il nuovo 12.

Al di là di questa premessa sono ben pochi i punti di contatto tra i due lavori e se nel precedente il maestro giapponese costruiva un’immaginaria colonna sonora servendosi di tutto il bagaglio accumulato durante la sua lunga carriera artistica, qui sceglie di esprimere le variabili del suo sentire tormentato attraverso un lessico essenziale e rarefatto.

Innanzitutto dense nuvole sintetiche a cui affidare la definizione di un substrato sonoro che tende alla trascendenza, correnti diafane di un paesaggio sonoro atmosferico la cui malinconia lieve rimanda alle lande eteree del Nick Cave di Ghosteen.
E se il Re Inchiostro sceglieva la parola, la profondità del canto per squarciare l’impalpabilità delle stratificazioni elettroniche, con la stessa naturalezza Sakamoto si affida al fedele pianoforte per iniettare luce sotto forma di cadenze compassate quanto mai prima di ora.

Alla delicatezza cristallina dei fraseggi dello strumento che irrompono a partire da 20211130 – ogni traccia reca come titolo la data di registrazione – si somma poi il soffio vitale del respiro quale cadenza ritmica imperfetta che ulteriormente trattiene a terra una materia musicale altrimenti vaporosa.

Quando la linea tracciata appare stabilmente definita su un registro luminescente sopraggiunge un deciso cambio di rotta verso orizzonti oscuri.
In 20220202 la melodia pianistica si dissolve e a dominare sono le modulazioni di synth penetranti, sottilmente sinistre, il cui portato crepuscolare riecheggia fino alle frequenze dark-ambient di 20220214. Ma si tratta soltanto di un momento di passaggio che traghetta alla parte terminale del lavoro.
Da qui in poi l’elettronica scompare per lasciare risuonare nitida la voce del piano, declinata in fraseggi floridi, a tratti lievemente dissonanti fino a raggiungere i rintocchi scarni di 20220304, frammento che prelude al definitivo, roboante silenzio.

Contraddicendo l’apparente semplicità della sua costruzione, la sensazione connessa all’ascolto è quella di trovarsi al cospetto di un’opera complessa, un itinerario commovente che riflette le tribolazioni di un animo inquieto.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...