
Matteo Maioli per TRISTE©
Fino ad oggi Bar Italia era per me semplicemente una grande canzone dei Pulp – l’ultima in scaletta di Different Class – oltre ad un caffè londinese a Soho che non ho mai frequentato. Poi mi è giunto alle orecchie il disco di un gruppo con lo stesso nome, formato dalla vocalist di origine romana Nina Cristante, con i chitarristi Jezmi Tarik Fehmi e Sam Fenton.
Scopro che Tracey Denim è il loro terzo album e vado a rimediare alla mancanza, annotando del precedente Bedhead (tredici canzoni per ventidue minuti) tanto il pop sognante di Itv2 e Tenet quanto un versante più lo-fi e dark rappresentato da Bachelorette e Killer Instinct, con l’ultima che non per nulla cita le liriche di Boys Don’t Cry dei Cure.
Tanto è bastato per convincere la Matador a scritturarli, anche se i ragazzi ci avevano già dato dentro dal vivo con gli slot al Primavera Sound e all’End Of The Road, oltre a un primo tour europeo.
Sarà un pezzo incredibile come Friends, che sembra uscire dai Guided By Voices era 1994, o una Nurse! definita da Pitchfork “narcotizzante, tra i Joy Division e King Krule” ma, di fatto, Tracey Denim è il lavoro di un gruppo maturo e dal progetto finalmente definito, grazie anche all’intervento in fase di mixaggio di Marta Salogni, che aveva tra l’altro prodotto uno dei miei dischi preferiti degli ultimi anni, Alas Salvation dei londinesi -anche loro- Yak.
Quello che emerge nella musica dei Bar Italia è una commistione di generi, nel solco dell’indie, votata a brani orecchiabili ma che non rinunciano a un timbro originale (Punkt) o al lavoro di squadra, come nella corale F.O.B..
Tracey Denim porta nel titolo una fascinazione nineties, tra i Blur di Parklife e il modello di jeans, con il sangue inglese che scorre vigoroso in tracce quali Changer – che a tanti avrà ricordato la smithsiana There Is A Light That Never Goes Out – o in Missus Morality dove sento la lezione degli indimenticabili Sneaker Pimps, trip-hop da Hartlepool, non meno degno di quello più celebrato e nato a Bristol.
NOCD e Harpee invece fanno pensare ai Dandy Warhols, sempre che questi scrivessero canzoni belle ancora oggi, e non c’è complimento migliore per una band emergente che fonde post-punk, groove e melodia come nessun altro.
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