Nation Of Language – Strange Disciple

Francesco Giordani per TRISTE©

Per spiegare l’incantesimo che sprigiona dalle canzoni dei Nation of Language mi basterebbe rievocare una manciata di minuti semplicemente perfetti del recente Bones and All di Luca Guadagnino. Una coppia di innamorati senz’altro avere in tasca che non sia la loro sfacciata giovinezza, la strada che si srotola sotto le ruote del loro malconcio pick-up mentre ai lati, davanti, sopra, dietro, ovunque, il paesaggio illusoriamente infinito dell’Ovest spalanca la vertigine della possibilità. E poi, dettaglio non secondario, Your Silent Face dei New Order che forse prorompe dalle casse del pick-up o forse no, balla semplicemente nell’aria, come uno squillo d’organo in una cattedrale invisibile, come un cumulonembo che sale vaporoso nei cieli altissimi del New England.

Se al posto di quella canzone avessimo udito Spare Me The Decision o Swimming In The Shallow Sea dei Nation of Language poco sarebbe cambiato. Nella musica dei tre newyorchesi, giunti in questi giorni con Strange Disciple al loro terzo disco, ritrovo tutti o quasi gli elementi di quella sequenza sapientemente orchestrata dal regista siciliano: la giovinezza, l’innamoramento, la vita sulla strada, il nomadismo (oggi lo chiameremmo digitale), una certa enfasi romantica, gli anni 80, l’avvenenza fisica, la new wave, i sintetizzatori e le batterie elettroniche, i New Order. Ma anche, come nel film di Guadagnino, la faticosa scoperta di sé, l’attraversamento della propria trasformazione, lo spavento supremo che sempre accompagna il diventare ciò che si è.

Senza ombra di dubbio, i Nation of Language sono diventati ciò che sono. Strange Disciple allunga con voce sicura l’elegia abbozzata in Introduction Presence (2020) ed elevata poi a regola d’arte in A Way Forward (2021). Se vi sono piaciute le vecchie puntate vi scioglierete anche per quest’ultima, potete starne certi. Da tempo, del resto, non vedevamo una band con un’idea così chiara del proprio destino. L’infatuazione cui il loro Strange Disciple tributa buon parte del suo canzoniere non è solo quella per la musica ottantiana ma, più in generale, una condizione dell’essere, una pulsione quasi mistica, nutrita di estasi e rapimento, che nella musica sa esaltarsi. Potremmo chiamarla più appropriatamente grazia, ispirazione. Ascoltando a ripetizione, fin quasi all’ebbrezza, brani come Strumbing Still, Sole Obsession, Too Much Enough, se ne colgono tracce inequivocabili.

Qualcuno potrebbe gridare al peccato imperdonabile del revival di maniera (è accaduto, ovviamente) e bollare i Nation Of Language come una sorta di gruppo synth-pop minore che propina canzonette vagamente già sentite dai solchi di qualche ristampa “di genere”. Chiedo al lettore di capovolgere i termini dell’equazione, ricordandosi che in fondo non abbiamo mai chiesto alle nostre band predilette di suonare “nuove” quanto piuttosto sempre “vere”, fedeli solo a sé stesse in un senso più profondo, che va ben al di là delle somiglianze e delle parentele di stile. Una canzone magnifica come A New Goodbye non è una semplice decalcomania ma l’espressione di un’anima che ci parla o, meglio ancora, che parlandoci di sé dice qualcosa anche di noi, come talvolta ancora accade nella grande musica pop. E quella dei Nation of Language lo è sempre di più.

2 pensieri su “Nation Of Language – Strange Disciple

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