Radio Free Alice – Radio Free Alice EP

È stata una fine d’anno convulsa per chi scrive. Un nuovo e del tutto imprevisto trasloco -il secondo in meno di un anno, ad esser pignoli-, fatalmente combinato ad un’altrettanto imprevisto quanto inesorabile semi-esaurimento psicofisico, hanno fatto sì che alla musica potessi dedicare negli ultimi mesi una minima parte del (poco) tempo a disposizione. Peraltro quasi mai la migliore, con mio inconsolabile rammarico.

Qualcosa è riuscito, comunque, a filtrare attraverso la caligine di impalpabile depressione e stanchezza cronica di queste settimane.
In particolare, la bellezza di alcuni dischi ascoltati nella prima parte dell’anno è andata consolidandosi nelle mie orecchie, ascolto dopo ascolto, definendo un profilo via via più sicuro: la grazia scintillante dei nuovi lavori di Westerman, Grian Chatten e Nation of Language, così come degli insperati ritorni di Blur, Hives, Depeche Mode, Slowdive e The Clientele, si sono rivelati solidi alleati del corpo e dello spirito, segretissimi e preziosi talismani sonori “contro i mali”.

Tra le cose più belle capitate di recente alle mie orecchie ci tengo però a segnalare soprattutto, in questo mio dispaccio Triste, l’EP di debutto (su etichetta Double Drummer) degli australiani Radio Free Alice, giovane quintetto di Melbourne di cui poco o nulla in sostanza sono riuscito a scoprire, se si esclude qualche apparizione al fianco dei già celebrati connazionali Johnny Hunter, carpita su Instagram.
Poco male, anche perché a parlare per i Radio Free Alice pensano, con eloquenza più che sufficiente, le quattro strepitose canzoni contenute nel loro omonimo esordio. Ovvero, nell’ordine: Waste of Space, Paris is Gone, I Gotta (Fall in Love), Look What You’ve Done.

Canzoni che non faticano a rivelarsi letteralmente una più ispirata dell’altra, inzuppate come sono in un calibrassimo cocktail di letali melodie in punta di plettro, coriandoli di poesia indie della più romantica, voci spezzate che prorompono in cantica dolceamara.
I rimandi risultano presto detti: i Cure di Three Imaginary Boys (o di The Head on The Door, se preferite), gli Smiths più primitivi di Whats Difference Does It Make e William, It Was Really Nothing, gli Orange Juice e i Josef K delle prime incisioni su Postcard, oppure, venendo ad epoche a noi più prossime, gli Strokes, seguiti a ruota da tutta la scia schiumante di band più o meno effimere che ne misero “a sistema” la formula gloriosa (Vaccines, Parquet Courts, Spector, ecc).

Altro da aggiungere non c’è.
Quella dei Radio Free Alice è (per nostra fortuna) musica finalmente giovane, concepita per essere ascoltata più che descritta o raccontata, musica che scalpita, si contorce, si surriscalda, assume forme e analogie fuggevoli che subito però abbandona nel suo marasma vitale, ansiosa di fondersi con il sangue e le lacrime di chi sa corrisponderle l’attenzione che essa, quasi con strafottenza, chiede a gran voce.
E di attenzione a questi ragazzi, almeno chi vi scrive, è ben lieto di darne a palate, nei mesi che verranno, accompagnata da non minore gratitudine, commozione ed affetto.

4 pensieri su “Radio Free Alice – Radio Free Alice EP

  1. Credo sia il migliore guitar rock che ho ascoltato ultimamente, che mi sono giustamente perso, grazie per il suggerimento…gli Australiani sono spesso irraggiungibili, quasi cone se infastiditi che qualcuno possa notarli. Ciao!

  2. Pingback: Le firme di TRISTE©: Francesco Amoroso racconta il (suo) 2023: EP e Mini Lp | Indie Sunset in Rome

  3. Pingback: Brigitte Calls Me Baby – This House Is Made Of Corners | Indie Sunset in Rome

  4. Pingback: TRISTE© Radio per Indi(e)pendenze 4 | Indie Sunset in Rome

Scrivi una risposta a Fab64 Cancella risposta