Francesco Giordani per TRISTE©
Con i giovanissimi ho un rapporto ambivalente. Un po’ li temo e un po’ li amo. In loro talvolta mi riconosco, non senza un filo d’inconfessabile tenerezza. Talvolta sperimento invece la più agghiacciante (ma anche tragicomica, suvvia…) estraneità rispetto ai loro codici, ai loro linguaggi, al gusto estetico e agli imperativi morali che ne illuminano le scelte.
Credo accada a chiunque provi a interrogare (e ad interrogarsi su) il futuro. Un tempo peculiare, che ci appartiene e che nondimeno ci esclude dal suo possesso, che si lascia intravedere pur restando, nella sostanza, quasi del tutto ineffabile, sempre avvolto nella caligine vischiosa di un incerto albeggiare che ne confonde i contorni. Uno strapiombo su cui ti sporgi e di cui non vedi, non puoi vedere, il limite ultimo. Se provi a chiamarlo, la tua voce si disperde ben presto in un’eco di sé stessa sempre più flebile e lontana. Sino a scomparire, inghiottita nel buio.
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