Francesco Amoroso per TRISTE©
Ogni volta che torno a casa dal lavoro mi basta aprire la porta perché mio figlio (quasi) settenne lasci qualsiasi attività nella quale sia indaffarato al momento e corra ad abbracciarmi con grandissimo slancio.
Accade tutte le sere, immancabilmente, eppure ogni volta la pura e assoluta gioia che scaturisce da questo semplice e sentito gesto si rinnova, come fosse inaspettata e nuovo.
Succede, seppur non in maniera così travolgente (la passione per mio figlio è superiore anche a quella per la musica), qualcosa di simile quando, grazie a contatti coltivati nel tempo, arriva con la posta un cd inatteso, mandatomi da qualche artista che ho apprezzato e supportato nel tempo.
Benché accada abbastanza di frequente, l’opportunità di scartare il pacchetto, leggere (con un bel paio di occhiali da presbite!) i titoli delle canzoni e le note di copertina, infilare il dischetto nel lettore e ascoltare per la prima volta un nuovo lavoro mi emoziona e mi eccita sempre come fosse la prima volta. Quando poi il contenuto è anche di livello eccelso, la mia emozione si protrae a lungo e si rinnova a ogni nuovo ascolto.
È accaduto qualche tempo fa, quando ho trovato nella buca delle lettere (è una figura retorica, visto che la posta me la consegna il cortese portiere) il primo album di un oscuro artista inglese che negli scorsi anni avevo molto amato e di cui avevo perso le tracce.
Curlicues (letteralmente ghirigori o svolazzi) è il nome d’arte dietro il quale si nasconde il poliedrico artista di Sheffield, L.A. Foster, personalità creativa in vari campi artistici, il cui ultimo e.p. – il magnifico “In Photographs (“Anxiety is Love’s Greatest Killer”)“, contenente la superba e torrenziale ballata “Pink Blossom” – risaliva a ben tre anni fa.
Nel frattempo l’artista inglese ha ideato e portato avanti una fanzine digitale (The Eye) che si occupa di fotografia, musica, cinema e altre espressioni artistiche e dato vita a un nuovo progetto musicale, Mr. Magpie, che a breve esordirà con un album.
Foster non ha però, fortunatamente, dimenticato la sua creatura Curlicues e in “Private Life”, il suo primo album vero e proprio, ha raccolto dieci ballate di squisita fattura, caratterizzate da una scrittura elegante e personalissima e da arrangiamenti decadenti e misurati che si sposano perfettamente all’atmosfera d’altri tempi che si respira nelle composizioni.
Partendo dalla semplice struttura di voce e chitarra, Curlicues, per non smentire il proprio alias, arricchisce la propria musica con abbondante uso di archi, fiati, organo, armonica, field recordings e spesso si fa accompagnare dalla evocativa voce di Elise Foster, rendendo ogni brano una piccola partitura da camera, che trasporta l’ascoltatore in un’altra dimensione e in un altro tempo.
Il chamber folk di Foster ha la capacità di suonare semplice e sincero eppure ambizioso e sofisticato, drammatico e impetuoso ma mai sopra le righe o ridondante. Nonostante i tanti strumenti, infatti, le composizioni di “Private Life” sono ariose e piene di spazio, e catturano l’ascoltatore soprattutto grazie a un songwriting di grande personalità.
Nascono così brani intensi e subito riconoscibili come l’iniziale “Locomotive”, una ballata folk che assume sfumature quasi barocche, la dolcissima “A New Beginning” nei cui passaggi di fiati c’è un carsico richiamo al jazz, “Blood From A Stone”, con la sua aura oscura e l’arcano spoken word. E, ancora,l’orientaleggiante e raffinata “The Russian Dolls”, la cullante e uplifting “Midnight At The Orangery” o la semplicissima eppure incredibilmente efficace “Slow Ballad For A Distant Painter”, costruita sulle corde di una chitarra acustica e impreziosita da un improvviso arabesco di flauto.
La maniera di cantare di Foster, poi, teatrale senza mai risultare enfatica, riporta alla mente una tradizione canora secolare, pur non richiamando alcun interprete in particolare. È una voce unica, in un panorama standardizzato, che meriterebbe una platea di ascoltatori molto più ampia.
Prima o poi mio figlio smetterà di correre a buttarsi nelle mie braccia ogni volta che torno a casa, ne sono consapevole. E, prima o poi, anche questo mi sembra inevitabile, non riuscirò più a stupirmi ed emozionarmi ascoltando nuovi progetti musicali.
Eppure, finché dura, non mi preoccupo del futuro e continuo a godermi ogni singolo abbracci di mio figlio e ogni singola nota di artisti straordinari (seppur misconosciuti) come L.A. Foster.
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