Francesco Amoroso per TRISTE©
Sono sempre rimasto stupito di fronte a quelle persone che hanno, in fatto di gusti musicali, una sola passione, che amano esclusivamente un genere di nicchia, che ascoltano solo musica di un quinquennio specifico, che, addirittura, sono appassionati di una sola band. Mi lascia perplesso (e un po’ mi fa paura) l’idea che queste persone possano volontariamente restringere talmente i propri orizzonti fino a precludersi un mondo di suoni, idee, sentimenti, passioni che sarebbe pronto e nella loro disponibilità immediata, se solo abbandonassero la loro ristrettezza mentale.
Intendiamoci: ho, col tempo, sempre più ristretto anche io i miei interessi e la mia attenzione. E’ un processo quasi inevitabile (e abbastanza salutare) che, però, è accettabile solo dopo una vasta e prolungata esplorazione.
In ogni caso, se proprio fosse impossibile mantenere una mentre aperta e uno sguardo stupito, se fosse proprio necessario essere appassionati di una sola band, sarebbe opportuno che questa fossero i Comet Gain!
Forse sto esagerando, ma chiunque li segua con affetto da un quarto di secolo, dovrebbe comprendere cosa intendo.
Da poco l’etichetta tedesca Tapete ha pubblicato l’ottavo album della band inglese, Firerisers, Forever!, che arriva a distanza di ben cinque anni dal suo predecessore, il magnifico Paperback Ghosts.
Come diceva il più grande “cantore” della band inglese in Italia (Enzo “Polaroid” Baruffaldi), è una sorta di miracolo che si compie ogni tanto: sembra sempre che l’epopea del collettivo di David Feck sia giunta al capolinea , eppure, dopo attese più o meno estenuanti, i Comet Gain ritornano. E sono sempre terribilmente centrati, contemporanei e autorevoli.
La formula di David Feck e soci è anche stavolta quella ormai nota: rabbia e sentimento, C86 e Northern Soul, Television Personalities e Velvet Underground, Jam e Style Council, la passione per il vintage, per i mod (che, tuttavia, non vengono mai risparmiati: “Old Mods with bellies and hair like shit/ All your heydays deserve better than this”, cantano in Mid 8Ts) , per le megliette a righe e le scarpe a punta, per la classe operaia e per i film francesi degli anni sessanta.
In Firerisers, Forever! i Comet Gain ci regalano di nuovo tutto questo e lo fanno con sonorità scontrose e rumorose, privilegiando il loro lato più insofferente e indocile. Ed era inevitabile in un momento storico nel quale sembra che le pulsioni più infime dell’uomo stiano riemergendo e prendendo il sopravvento senza che nessuno abbia la forza di fare nulla al riguardo.
Basta ascoltare il brano che apre il lavoro, emblematicamente titolato “We’re All Fucking Morons”, nella quale l’urlo nichilista e protestatario del punk si rivolge finalmente a chi odia, chi distrugge, chi saccheggia e a coloro che, indifferenti, lasciano che ciò accada, per comprendere che i Comet Gain non hanno alcun timore a prendere posizione, a schierarsi, a non chiamarsi mai fuori.
Il discorso prosegue per tutto l’album e brani quali “Bad Nite at The Moustache”, “Society Of Inner Nothing”, “Your Life On Your Knees”, “The Institute Debased”, pur diversi nelle sfumature sonore, sono tutti indici puntati contro una società nella quale è oramai difficile per Feck e soci riconoscersi.
L’introspezione, spietata ma venata di dolcezza del loro precedente album, è lontana e Fireraisers, Forever! richiama in maniera esplicita quel Réalistes, che si porta sul groppone ormai diciassette primavere, ma che rimane un manifesto del disagio e della disillusione di un’intera generazione che, arrivata all’età matura si trova costretta a fare ancora i conti con una politica miope e corrotta, una diffusa ignoranza di ritorno, diseguaglianze sempre più evidenti e disgustosi rigurgiti di fascismo.
Ma i Comet Gain sono sognatori disillusi, sono idealisti furenti e, ancora, sono pieni d’amore.
E sono, sopra ogni altra cosa, una band vera e sincera, che vuole raccontarci e portare la luce su ogni aspetto dell’animo umano (“I wanna be true/I wanna move you” cantano fieri), non di sola rabbia si nutre il lavoro.
Il singolo che ha anticipato l’album, “Mid 8Ts”, pur non concedendo nulla alla nostalgia, è un inno all’appartenenza e brani come “The Godfrey Brothers”, “Her 33rd Perfect Goodbye”, la straordinaria e commovente “I Can’t Live Here Anymore” che chiude l’album, sono tutti esempi, ancora una volta mirabili, delle capacità introspettive della band, del loro lato più melodico e malinconico.
E, pur giungendo alla conclusione che l’amore possa rimanere spesso solo una chimera (“Love lives are meant to be largely dreamt“), non c’è traccia di amarezza, né di rassegnazione nelle loro parole.
“Firerisers, Forever!” è un album crudo, diretto, sincero e malinconico, sia musicalmente che emotivamente. E, di questi tempi, è proprio quello che ci vuole.
A volte, forse, basterebbe ascoltare un pugno di canzoni rabbiose e intrise di passione prima che “‘the present makes a memory of the future” per svegliarci dal torpore e spingerci a essere persone (e membri della società) migliori.
I liked that.
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