
Francesco Blasilli per TRISTE©
Va bene.
Inutile girarci intorno.
Cominciamo con una confessione.
Io ‘sti “Throwing Muses” non sapevo assolutamente chi fossero.
Li ho ascoltati e quasi mi sono emozionato perché ho pensato a una band emergente che finalmente era di mio gradimento. Una cosa che suona terribilmente come Pj Harvey, come la colonna sonora di una stagione di “Peaky Blinders”. Ergo fichissima.
Quando ho cercato qualche notizia su di loro e ho scoperto che il prossimo anno (secondo wikipedia) festeggeranno i 40 anni di carriera, per poco non cado dalla sedia (cosa che mi sarei meritato).
Eccomi, allora, a raccontarvi – evidentemente senza alcun titolo – di “Sun Racket”, il decimo album in studio della band capitanata da Kristin Hersh, un disco che seppur invochi il “sole” nel titolo è ben più adatto a un giorno di pioggia. Un giorno in cui tutte è filtrato da una luce “blu scuro”.
Un giorno in cui tutto scorre lento come la bellissima e ruvida ballata “Bywater” che prosegue quasi ininterrotta con l’altrettanto dolciastra “Maria Lugana” fino a schiantarsi con le chitarre distorte di “Bo Diddley Bridge”.
E che dire di “Upstairs Dan”? Sì, il giro di accordi ricorda sinistramente “Where did you sleep last night”, brano di Leadbelly portato al successo dai Nirvana, ma la canzone è comunque bellissima.
“Sun ticket” abbina dolcezza e ruvidezza come solo i migliori chef sanno fare, unendo opposti che mai come stavolta s’attraggono, si toccano, si fondono.
Come in “Frosting”, il manifesto programmatico di tutti il disco.
Che, inutile aggiungere di nuovo, è da ascoltare tutto d’un fiato.
Soprattutto se come me, non avete idea di chi siano sti “Throwing Muses”.
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