Caught In The Wake Forever – Fair Weather Voyager

Peppe Trotta per TRISTE©

Sono passati poco meno di due anni da quando, in occasione della pubblicazione di “Waypoints”, dichiaravo sulle pagine di TRISTE© il mio amore per lo pseudonimo scelto da Fraser McGowan in seguito alla chiusura della breve parabola Small Town Boredom condivisa con Colin Morrison.
Una firma, quella scelta dal musicista scozzese, dalla valenza fortemente elegiaca e perfettamente aderente ai suoi sfaccettati, ma sempre profondamente emozionali, tracciati sonori.

Sarei felice di ritrovarmi ancora una volta a scrivere di Caught In The Wake Forever, se non si trattasse di raccontare l’ultimo definitivo tassello di questa coinvolgente traiettoria. La mia speranza è che si tratti semplicemente del canto del cigno di una denominazione, punto di arrivo da cui avrà origine una nuova traiettoria artistica altrettanto affascinante.

Per suggellare la chiusura di questo percorso decennale McGowan decide di raccogliere in un’uscita in formato digitale una serie di tracce che potrebbero erroneamente definirsi minori.
Si tratta di brani pubblicati all’interno di raccolte curate da alcune delle etichette con cui ha collaborato nel corso degli anni (Hibernate, Dronarivm, Mini 50 Records), rivisitazioni di composizioni altrui (Slow Clinic, Neil Milton) e alcuni inediti appartenenti alle sessioni di registrazioni dell’ultimo album.
Nel loro insieme tutti questi tasselli ci restituiscono in modo vibrante le diverse declinazioni di un immaginario sonoro dai confini permeabili, esteso tra paesaggi di pura elettronica e contaminazioni elettroacustiche marcatamente atmosferiche.

Senza creare alcuna cesura, sognanti flussi melodici declinati da scarne stille pianistiche e ibridate da flebili inserti sintetici (“Lia Fail (At Dawn)”, “A Memorial In Passing”) convergono in ipnotiche frequenze di un ambient dai rimandi enoiani (“On Wanting”, “In The End I Know My Heart Will Give”) e si tramutano in narrazioni corali che riportano alla mente echi del post-rock più romantico e ammaliante (“Altars”, “Long Hours In The Reading Room”).

Spetta alla perenne aura contemplativa e a un’indissolubile vena malinconica di fondo fungere da tratto comune di questo insieme dalle forme cangianti, conclusivo viaggio che emblematicamente si spegne sulle risonanze ruvide di un ultimo bacio che è già assenza.

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