Francesco Amoroso per TRISTE©
“Time goes by in a curtain grove/And time it will stand still
Remember the time of your first love/Looking out of the windowsill“
Una delle affermazioni più insensate che ho letto negli ultimi anni riguardo la musica è che, secondo alcuni, essa dovrebbe avere una destinazione, uno scopo, dovrebbe arrivare da qualche parte e spiegare il perché del viaggio.
Ho l’impressione che questo rapporto con la musica abbia molto a che vedere con un approccio alla vita molto pragmatico e materiale: ogni nostra azione, ogni momento della nostra esistenza deve essere indirizzato verso un fine, verso uno scopo. Non c’è tempo per lasciarsi andare alle sensazioni, non possiamo lasciare che le emozioni scorrano dentro di noi. Chi si ferma, del resto, è perduto.
Per quanto rispettabile possa essere ogni opinione, mi sento davvero lontanissimo da questo modo di vedere le cose e credo che Christopher Porpora, in arte Cheval Sombre, la pensi un po’ come me. Non ho mai parlato con lui, se non fugacemente, via email, eppure con il suo progetto giunto al terzo lavoro, sento che Chris sia uno che sta attraversando la vita più che puntando dritto verso una meta, semplicemente alla (rilassata) ricerca della bellezza (“Music doesn’t have to be so ambitious all of the time. There is a place in music where we might suggest something eternal, a refuge”).
“Time Waits For No One” esce per Sonic Cathedral, è stato prodotto da Sonic Boom (Peter Kember degli Spacemen 3) ed è un album che, nel migliore dei sensi, non va proprio da nessuna parte. Sono solo dieci canzoni – otto originali, uno strumentale e una cover di “No Place to Fall” di Townes Van Zandt – composte e arrangiate in maniera sopraffina, sospese e dolorosamente sublimi, che sembrano arrivare da un mondo a parte, nel quale è possibile fermarsi a prendere fiato, lasciarsi trasportare altrove, senza una destinazione precisa, senza uno scopo.
Sono passati otto anni da Mad Love, il suo ultimo album solista (anche se Chris era tornato tre anni fa, con un lavoro di cover condiviso con Dan Wareham, appunto “Dean Wareham vs. Cheval Sombre”) eppure Christopher (che è anche autore di alcune raccolte di poesia) non ha fretta e preferisce comporre e sciorinare la propria musica senza enfasi e senza urgenza, ispirandosi alle proprie letture sul significato del tempo e sul ruolo che inevitabilmente gioca nella nostra vita.
Quella di Cheval Sombre, anche grazie alle sapientissime mani di Sonic Boom, è una musica che fonde, in perfetto bilanciamento, scarno folk e gentile e carezzevole psichedelia, riuscendo ad essere ipnotica e introspettiva, meditativa e trascendente.
E’ una formula che si ripete per tutti i quaranta e passa minuti dell’album: la voce sommessa, vellutata e serena, una chitarra acustica pizzicata senza troppi fronzoli e gli arrangiamenti di tastiere (suonate naturalmente da Kember) e archi (suonati da Gillian Rivers e Yuiko Kamakari), ci prendono per mano e ci trasportano lontano, fuori dal tempo e dagli angusti spazi del quotidiano. Eppure non c’è traccia di escapismo nelle canzoni di questo album: la realtà esiste e non è mai negata, Christopher ci fornisce solo gli elementi per vagliarla con più calma e attenzione, per prendercela comoda, in modo da non lasciarci sfuggire la bellezza, che spesso è talmente fugace da richiedere che i nostri sensi siano sempre all’erta.
Ne è un ammirevole esempio uno dei brani più riusciti e struggenti dell’album, “Had Enough Blues” (già uscito come singolo qualche anno fa), nel quale Cheval Sombre ritorna sui tragici eventi di Parigi del 13 novembre del 2015, quando la città delle luci fu devastata da una serie di attentati terroristici, incorporando in un delicatissimo blues cosmico le voci dei cronisti che raccontano i fatti, riuscendo così a scrivere uno dei commenti sonori più accorati, sentiti e appropriati su quegli sconvolgente avvenimenti.
Non c’è, comunque, alcuna contraddizione tra il titolo dell’album e la “filosofia” sonora di Porpora: se il tempo non aspetta nessuno non c’è scopo nell’affannarsi, nel correre sempre verso una meta, senza fermarsi a riflettere ad assaporare l’attimo. Nessuno può fermare il tempo, ci dice Cheval Sombre, e, allora, è inutile rincorrerlo.
Con le sue sonorità calde e aeree ci lascia fluttuare nelle nebbie, perderci in una piacevole allucinazione, confermandosi musicista peculiare e ispirato, grazie a una voce morbida e appassionata e a testi semplici e poetici che riscaldano l’anima come l’abbraccio di una persona amata.
Un artista che più che usare la musica per uno scopo è usato dalla musica stessa (“I have always had the sense that music and writing chose me—it was something to which I had to awaken“) affinché questa possa essere fonte di ristoro, di conforto, di tranquilla contemplazione della bellezza.
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