Francesco Amoroso per TRISTE©
Mai avrei immaginato quando, una trentina di anni fa, ho iniziato a scrivere e parlare di musica, che avrei finito per citare il Papa. E, ancora di meno avrei pensato di citare il Papa che cita Mahler!
Eppure non ne posso fare a meno perché il buon Francesco e, prima di lui, Gustav Mahler hanno detto: “La tradizione è la salvaguardia del futuro e non la custodia delle ceneri“. Probabilmente il primo si riferiva alle tradizioni della chiesa, mentre il secondo, pur parlando di musica, per ovvie ragioni anagrafiche (seppure per pochi anni) non aveva certo in mente il folk della tradizione.
Tuttavia la frase si presta a descrivere in maniera pressoché perfetta l’operazione che la canadese Myriam Gendron ha portato avanti nel suo nuovo album, Ma Délire – Songs Of Love, Lost & Found.
Sì, perché l’ambizioso lavoro della cantautrice canadese presenta interpretazioni profondamente personali di standard della musica folk tradizionale attraverso un punto di vista decisamente originale ed è sia una meditazione sul passato che un nuovo sguardo verso il futuro.
Myriam Gendron, che canta sia in inglese che in francese, aveva già ampiamente dimostrato le proprie capacità di infondere linfa vitale nell’arte del passato: nel suo ambizioso e magnifico album di debutto, Not So Deep As A Well del 2014, infatti, aveva messo in musica e interpretato le poesie della scrittrice americana dell’inizio del novecento Dorothy Parker.
L’idea per questo nuovo ambizioso capitolo è nata proprio da un brano tradizionale di folk canadese dal titolo Au Coeur De Ma Délire che Gendron, dopo averla ascoltata nell’interpretazione di due musicisti dei primi anni settanta, ha sentito il bisogno di reinterpretare, registrandola in un vecchio mulino del Québec, con voce, chitarra, suoni e rumori presi dal quotidiano (si sente anche la voce della figlia di due anni) e field recordings.
Ha, così, anche cominciato a riflettere su come il progressivo abbandono della religione cattolica in Quebec ( o, almeno, della sua egemonia culturale) abbia avuto anche l’indesiderata conseguenza di mettere da parte molta della musica popolare tradizionale del Quebec, legata a doppio filo alla tradizione cattolica.
L’idea che Il folk tradizionale della sua terra dovesse essere preservato, ma al contempo, aggiornato ha fatto, poi, sì che, nel tempo, i brani della tradizione nordamericana reinterpretati e ricostruiti dall’artista canadese siano aumentati e che alcuni brani originali (quattro sono contenuti nell’album) nascessero, anche prendendo in prestito a piene mani dalle opere del passato.
Ma Délire – Songs of Love, Lost & Found è, così, un lavoro che, riflettendo sul passato, proteggendolo e facendolo proprio, compie un passo avanti fondamentale, non limitandosi, mai, a custodire le ceneri della tradizione, ma, salvaguardandone, appunto, la vitalità e le prospettive.
Gendron ha inizialmente registrato solo con chitarra e voce, poi, con l’aiuto di alcuni fidati musicisti (Bill Nace e Chris Corsano) e dell’ingegnere del suono Tonio Morin-Vargas, ha deciso di adornare e impreziosire i propri brani con tocchi di trombone, clarinetto, basso, armonica e organo.
E’ proprio la trasfigurazione la chiave di questa operazione di recupero: alcuni brani, come Poor Girl Blues, fondono e combinano canzoni di diversa provenienza e tradizione (in questo caso si tratta di un antichissimo blues e di una melodia tradizionale canadese del 1800, interpretata anche da Leonard Cohen), oppure trasformano un brano natalizio come I Wonder As I Wander in un potente inno all’amore. Anche al classico Shenandoah – ripreso sia in versione strumentale che quasi a cappella – già interpretato da mille altri artisti, viene donata nuova vita, diventando qui un’elegia quasi ambientalista.
Nelle canzoni originali, poi, l’operazione è ancora più esplicita: La Jeune Fille En Pleurs è costruita sui testi di vari brani tradizionali, eppure l’arrangiamento per chitarra elettrica e batteria, ne fa un brano che reinventa il folk classico alla luce dell’esperienza della Louisville degli anni 90.
La voce di Myriam Gendron è, naturalmente, una delle chiavi di volta per la riuscita dell’operazione: una voce elegante e profondamente emotiva che riesce a suonare semplice e complessa, sincera ma mai troppo diretta, classica senza perdere la propria unicità.
L’emozionante interpretazione di Farewell è spiazzante: potrebbe facilmente ingannare l’ascoltatore e far pensare che si tratti di un altro traditional e, invece, è uno dei quattro brani originali contenuti nell’album e la stessa sensazione è convogliata dall’ascolto del coinvolgente 31102011. E non si tratta, certamente, di puro mimetismo: è piuttosto la capacita della musicista canadese che, in Ma Délire – Songs of Love Lost & Found, riesce a infondere nuovo vigore in sonorità del passato, rendendole universali e senza tempo.
Mi ripeto (ma la cosa mi stupisce così tanto che non posso non farlo): avrei giurato che nessuno potesse costringermi a dare ragione, in una sola volta poi, a Papa Francesco e a Gustav Mahler.
E, invece, Myriam Gendron, artista canadese, austera, ispirata e coraggiosa, c’è riuscita.
Così come è riuscita nell’impresa (probabilmente ancora più ardua) di navigare il mare della tradizione, senza mai correre il rischio di affondare tra i suoi flutti perigliosi e infidi.
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