Francesco Amoroso per TRISTE©
Esiste una parola inglese (della mia fascinazione per le parole inglesi credo di avere parlato già spesso e diffusamente), della quale non trovo una traduzione adeguata in italiano, che descrive perfettamente una stato d’animo nel quale mi capita spesso di trovarmi: overwhelmed.
In italiano potrei dire sopraffatto o sconfitto, oberato o schiacciato, ma tutte queste parole hanno una valenza quasi esclusivamente negativa, mentre l’espressione inglese è molto più ambivalente ed è perfetta per descrivere una situazione di totale coinvolgimento emotivo.
Il lungo preambolo mi è necessario per giustificare la necessità di utilizzare questa parola, così bella ed espressiva, nel raccontare del nuovo EP di Clara Mann, Stay Open, appena uscito per la sevenfoursevensix.
Son convinto che tutti attraversino momenti in cui si sentono oberati dagli impegni, sopraffatti dalle circostanze della vita, schiacciati dalle responsabilità, sommersi dal travolgente incedere della quotidianità. Tutti, insomma, ci sentiamo overwhelmed, almeno qualche volta.
Ed è proprio in queste circostanze che sarebbe bello poter staccare, anche solo per qualche minuto, poter prendere fiato, chiudere gli occhi, liberare la mente e rilassarsi.
Le quattro tracce del nuovo EP della giovanissima inglese Clara Mann, che era già stata osannata su queste stesse pagine virtuali per l’esordio dello scorso anno, Consolations, rispondono proprio a questa esigenza.
A soli 20 anni la cantautrice folk di Bristol, cresciuta in un piccolo villaggio nel sud della Francia circondata dalla musica classica, è già una delle artiste folk più emozionanti e coinvolgenti degli ultimi anni e, con la sua chitarra calda, i misuratissimi arrangiamenti d’archi e una voce carezzevole e lirica, riesce a annullare ogni barriera spazio-temporale, proiettandomi(ci) in un’atmosfera idilliaca e sognante.
Influenzata da artiste quali Edith Piaf, Molly Drake e Judee Sill, Mann rifiuta ogni tentazione di attualizzare il suo suono o il suo modo di cantare, restituendoci una purezza e un candore di cui si sente ancora -sempre più- il bisogno.
Uscito con il contagocce, brano dopo brano, a partire da maggio di quest’anno, Stay Open ribadisce la volontà di Clara Mann di proporre la sua musica senza alcun abbellimento o alcun ammiccamento alla modernità, piena di nostalgia e trasporto emotivo, lavorando su testi poetici che concedono all’ascoltatore la possibilità di interpretarne il senso o, semplicemente, perdersi nelle immagini che evocano.
L’Ep si apre con Go Steady, ultima canzone ad essere stata resa disponibile, caratterizzata da una batteria frusciante, sparse note di piano e una chitarra fingerpicking che creano un’atmosfera brumosa, malinconica e struggente. La meravigliosa voce di Mann prima accarezza (“Wherever you are, stay on my mind/ Leave a shadow/ The garden weeds are mine/ The first things I’ve ever grown/ At last I have something to show“), poi si impenna sul ritornello a squarciare la nebbia e dichiarare la propria determinazione (“Go steady, babe
You don’t have to hold me so tight/ Let me be again/ Refracted light“).
È una canzone che, senza cancellare il passato e senza dimenticare ciò (e chi) che ci ha dato amore e conforto, afferma la necessità di andare avanti e vivere nel presente. Una canzone nostalgica che rifugge la nostalgia.
La successiva, elegantissima, Travelling Clothes tocca corde profonde e l’uso del violino e della chitarra acustica la rende saldamente ancorata alla tradizione folk, esaltando al contempo la formazione classica di Clara Mann e la cristallina bellezza del suo perfetto e naturale vibrato. Anche se ha a che fare con l’irrequietezza e l’essere sempre in movimento, riesce a trasmettere una sensazione di calma placida.
Confessions, l’ultima traccia dell’EP a uscire, é stata prodotta da Daniel Rossen (Grizzly Bear), e parla di amore e transizione: è una canzone in chiaroscuro nella quale la chitarra e la voce di Mann riempiono immediatamente lo spazio e il cui crescendo orchestrale lascia senza fiato.
Con Thread Clara Mann crea un’altra canzone che sembra stare al di fuori del tempo, in cui perdersi tra malinconia e gioia, cullati dalla voce che è fragile e forte, controllata eppure profondamente sincera. Il brano è dedicato a Maggie la proprietaria di una fattoria a Dartmoor, ai cui margini si trovava la piccola baita dove Mann ha trascorso alcuni mesi in compagnia del proprio compagno. La carismatica e affettuosa presenza della donna, novantenne, è stata una grande influenza, tanto che un suo improvviso malore ha inspirato alla giovane cantautrice il brano che parla della stagione autunnale, del dolore (“And now if you could see me/ With my hеad under the tap/ Washing away all the words that I said and I know I can’t take back“) e della magia insiti in questo periodo di transizione (“And still you stretched your hand out/ And we walked the lonely road/ And the bird that got caught in your kitchen porch/ Is a satellite guiding us home“). Strutturata su sognanti note di piano, armonie chitarristiche ricorsive, un penetrante suono del violino e su una voce che, nel ritornello, raggiunge vette di purezza inusitate, la traccia, prodotta da Ali Chant (uno che ha lavorato con Yard Act, Sorry, Dry Cleaning e Aldous Harding, solo per citare i primi nomi che vengono in mente), è quanto di più vicino alla modernità Clara Mann abbia realizzato e cresce e si libra, nota dopo nota.
I quindici minuti di Stay Open (la cui “applicazione” può essere ripetuta infinite volte, senza controindicazioni) sono un vero e proprio antidoto al caos che ci circonda, una medicina potente contro quella sensazione che si può descrivere con il termine overwhelmed ma, allo stesso tempo, possono essere essi stessi decisamente overwhelming, perché creare qualcosa di così delicato eppure così equilibrato è un miracolo di pazienza e precisione che con il suo pathos genuino e mai forzato, con la sua malinconica chiarezza, può risultare emotivamente travolgente tanto da renderci imbelli e troppo deboli per affrontare tanta bellezza.
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