
Matteo Maioli per TRISTE©
Moltitudini.
Di voci che cantano il presente e di sentimenti che descrivono la vita.
Ho sempre pensato a Leslie Feist come a una Joni Mitchell che sento più mia: da Gatekeeper a Pleasure, toccando anche la notorietà con 1234, il suo percorso è esaltante, quasi miracoloso.
Feist è una cantautrice che non lascia nulla al caso. Quando torna a farsi sentire lo fa da protagonista e donna che racconta il suo vissuto senza filtri, con canzoni che sono opere d’arte.
Prendete In Lightning, traccia d’apertura del suo nuovo album Multitudes, la cui fascinazione non si esaurirà nemmeno con una dozzina di ascolti, grazie ai panorami immaginati, le tonalità chiaro scure e l’orchestra in movimento, scaturita dall’intreccio delle voci in moltitudini tra Bjork e Kate Bush.
Con la successiva Forever Before cresce l’emozione nella performance, con l’accompagnamento strumentale ridotto all’osso, quando descrive la recente maternità: “You can’t begin to prepare/For forever before/She’s sleeping right over there”.
Hiding Out In The Open è la bellezza del pop che rimane in testa senza più uscire come un manifesto del talento artistico della canadese, evidente dallo splendido videoclip; in I Took All Of My Rings Off si ritrova, invece, il suo lato più sperimentale e visionario: l’effluvio di sintetizzatori quasi da apparire repertorio di Tirzah o della prima FKA Twigs.
I fuochi d’artificio arrivano però su Borrow Trouble, quando i violini già di Funeral o Neon Bible – la band responsabile dei citati non serve neanche nominarla – lanciano un confessionale di turbamenti rotto da un sassofono no-wave, e sottolineano il verso programmatico dell’intero Multitudes, “I dropped like a stone/Like a bag of dead weight/So good at picturing the life that I was gonna be left out of/Rather than the one I’d made”.
Come una Heroes di David Bowie ma fitrata dai Galaxie 500.
Il trittico conclusivo, da Martyr Moves a Song For Sad Friends, pone domande sul futuro dell’umanità (“The Earth sustains all different kinds of people/Many are cheats and thieves“) nelle quali tanto vediamo lontana la speranza quanto è vicino l’incanto senza tempo creato dalla musica di Feist, tra ottoni, giri di chitarre acustiche e ritmi cadenzati.
Ancora una volta essenziale.