
Peppe Trotta per TRISTE©
Creare aspettativa, insinuare curiosità, costruire un fenomeno mediatico affidandosi a (neanche troppo) complesse operazioni di marketing è oggi una strategia ampiamente utilizzata in ambito discografico e ritrovarsi in dirittura d’arrivo davanti un prodotto discutibile, se non mediocre, è un rischio costante. Il famigerato hype non dipende comunque sempre e solo da chi vende, ma può essere ugualmente innescato da chi segue determinati flussi musicali e dimostrarsi non di rado perfettamente giustificato.
Le nuove uscite curate dalla Tanca Records – sub-label di Trovarobato, fondata e diretta da Jacopo Incani/Iosonouncane – si collocano a pieno titolo in questa seconda ottica, spinte dal gusto preminente per la piena libertà espressiva e l’esplorazione di linguaggi peculiari, se non innovativi, alla base delle scelte dell’etichetta. Dopo l’interessante esordio di Vieri Cervelli Montel dello scorso anno, tocca a Daniela Pes presentare la sua opera prima provando a non deludere le attese e possiamo dire fin da subito che l’obiettivo è stato pienamente raggiunto.
Disco di debutto, ma tutt’altro che fase iniziale, Spira condensa anni di ricerca di un’artista giovane eppure già destinataria di diversi premi prestigiosi, condotta tra esperienze formative in ambito jazz, cantautorato e composizione elettronica.
Un album complesso e dalla gestazione lunga, fondato su sonorità distillate lentamente con la complicità fondamentale di Incani, coinvolto in qualità di mentore, regista e in parte sceneggiatore. Una presenza per certi versi ingombrante, di cui si avvertono distintamente le tracce lungo i poco meno quaranta minuti del lavoro.
Ad irradiarsi dalle trame proposte però è soprattutto il talento della musicista sarda, la sua attitudine ad interpolare sentori ancestrali e proiezioni avveniristiche, la capacità di fondere popolare ed elettronica costruendo un immaginario atmosferico nel quale si incontrano epoche e geografie distanti.
La volontà di affidarsi alla sola suggestione del suono ha determinato l’utilizzo della voce come mero strumento, spogliando le parole di ogni significato linguistico per ridurle a pura risonanza incastrata nella tessitura musicale per espanderne i confini, ulteriore punto di contatto con Ira di Iosonouncane la cui elaborazione non a caso è coeva a quella di Spira. L’insieme di queste istanze assume forme cangianti all’interno di ogni singola traccia, diventando nenia densa di rimandi etno (Ca Mira), progressione sintetica spinta da partiture ritmiche marcate (Illa Sera), scarna preghiera laica (Ora) ed elegia trascinante che si erge fino a toccare il cielo e commuovere nel profondo (Carme).
Il costante confronto tra estremi, tra antico e futuribile, terra e cosmo, luce ed ombra, trova il suo momento più alto nella fluttuazione mistica di Arca, mentre l’intero campionario proposto convive in virtuoso equilibrio in A Te Sola, dilatata coda dell’album che ne rappresenta perfetta sintesi e punto d’origine essendo il primo tassello per esso prodotto.
Frutto di riflessioni ponderate, di una tempistica lenta e una costruzione minuziosa, Spira si offre come un viaggio affascinante in un territorio emozionale avvolgente disegnato con il coraggio e l’ambizione che soltanto un’autrice prepotentemente visionaria sa regalare.
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