C’è un’aura strana che circonda il disco di Spencer Krug. Un volto che potrebbe essere familiare ai fan di Wolf Parade e di Swan Lake. Sarebbe troppo facile definirla nebbia, prendendo spunto dal pezzo che da inizio all’album, ma in fin dei conti non è troppo lontano dalla realtà.
City Wrecker è un disco lento, che sembra volere esprimere quel sentimento di fallibilità ed impotenza che solo un paesaggio nebbioso può suscitare. La sua voce sembra addirittura prendere spunto da una band che, se non amato, ho sempre rispettato fortemente: i Bauhaus. Con la voce di Peter Murphy a contrapporsi alle melodie acute e un po’ fuori tempo.
Mi ricorda tanto Crowds, il pezzo che amo di più del repertorio Bauhaus, anche se manca dello slancio vocale che Murphy riesce a dare. Ma allo stesso modo riesce a dare peso alle parole, alle liriche in una maniera che le rende quasi pesanti, macchinose, asincrone e fuori posto. Ma poi, nonostante tutto, la melodia, l’armonia dei pezzi riesce finalmente a venire fuori e a distinguersi con l’aumentare degli ascolti.
E se pezzi come The Fog e City Wrecker sono indubbiamente più facili da apprezzare in principio, col tempo anche Helsinki Winter 2013 e Daughter of a Dove riescono a farsi amare.
Ho sentito dire cose a gente come MK che mi hanno fatto rabbrividire. Un cantante decisamente bravo ma non eccezionale che si mette ad insultare la band che ha prodotto uno degli album più belli del 2014. Ho sentito rispondere con moderazione, ho sentito la nebbia scendere sulla solitudine di un bravo artista.
Ma c’ è chi ama la nebbia, la lentezza e le canzoni di Moonface. Io sono uno di quelli.