Francesco Amoroso per TRISTE©
Probabilmente di Psychocandy, primo album dei Jesus And Mary Chain, a quasi trent’anni dalla sua uscita, si è già detto tutto. E anche all’epoca, ascoltare l’esordio dei fratelli Reid non è che rendesse nessuno automaticamente un grande scopritore di talenti: oltremanica se ne parlava ovunque e anche da queste parti non era certo passato inosservato.
Quando si tratta di ricordare, però, le esperienze individuali sono quelle che contano. E, vi assicuro, il 1985 non è stato uguale in tutto il mondo. Allora, senza la rete, per ascoltare nuove band e nuovi suoni ci si doveva affidare alle riviste musicali e a qualche encomiabile programma radiofonico. E quello era solo l’inizio. Per riuscire finalmente a mettere le mani su un vinile (non ero hipster neanche allora ma gli altri supporti non esistevano, ad eccezione delle cassette, che facevano già schifo a quei tempi) a volte trascorrevano mesi, se non anni.
Non ricordo neanche come e quando sentii per la prima volta parlare dei JAMC, ma so per certo che quando trovai Psychocandy in uno squallido negozietto di dischi, in una zona squallida della solita provincia della provincia dell’Impero – roba che i sobborghi di East Kilbride parevano Beverly Hills – lo comprai eccitato, totalmente a scatola chiusa, senza prima averne sentito una sola nota.
Un’altra cosa che so per certa è che quando per la prima volta suonai questo disco sullo stereo di mio nonno (grande appassionato di classica e di alta fedeltà) lui accorse nella stanza sicuro che il suo impianto stereo fosse irreparabilmente danneggiato. Mia nonna, invece, sosteneva che tutto quel rumore le piaceva: era un modo, le pareva, per trasmettere pathos senza dimostrarsi troppo vulnerabili.
Sembrerà strano ma quelle parole (forse dette per compiacere l’adorato nipotino) mi fecero comprendere e apprezzare definitivamente Psychocandy con il quale non era stato amore al primo ascolto. Perché, in fondo, era proprio questa la geniale intuizione dei fratelli Jim e William Reid da East Kilbride, Scozia.
Ammantare la melodia di feedback non era una trovata originale neanche nel 1985: l’avevano già fatto i Velvet Underground venti anni prima e i Cramps dieci, e molto del post punk appena trascorso. Ma ciò che per tutte queste band era soprattutto estetica, un modo per essere cool, per suonare “diverse e trasgressive”, per i JAMC era l’essenza stessa del messaggio: sono un emarginato, sono davvero nauseato, vivo in una squallida periferia, ma, sotto questa corazza, ho anche io dei sentimenti, un animo romantico, un cuore tenero.
Il rumore che pervade tutto l’album è, ancor più del cantato da rocker annoiato di Jim, la vera è più profonda voce dei J&MC. E’ il rumore di fondo (e spesso in primissimo piano) della vita, della periferia (ci risiamo), quel ronzio, spesso infernale, che ci frulla nella testa anche in momenti di apparente tranquillità.
Ed è quel rumore a rendere i tre semplici accordi delle loro canzoni, a volte struggenti ballate di decadente bellezza (Just Like Honey, Sowing Seeds), altre taglienti come una lametta arruginita (Never Understand, In A Hole) altre ancora in bilico tra resa e redenzione (Taste of Cindy, Something’s Wrong) sublimi esempi di essenziale perfezione. E’ così che sono nati capolavori come Just Like Honey (chissà quanti l’hanno conosciuta con la scena finale di Lost In Translation) Taste Of Cindy, The Hardest Walk.
Ed è solo grazie a questa alchimia, forse davvero casualmente nata dal tentativo di essere romantici senza mostrarsi deboli, che Psychocandy è uno degli album più amati della sua epoca sia da noi docili fautori della musica dei sentimenti che dai più inguaribili e impenitenti rocker.
Crack of dawn
Cindy’s movin’ on
Talking Cindy to everyone
‘Till she’s had her fun
She has meWe twist the sun and sea
Still she’s talking to everyone
Cindy’s had her fun
Though I’ve heard it beforeStill I need you more and more
But I just can’t get away
Cindy kills me every day
And I tried and I triedBut you looked right through me
Knife to my head when she talks so sweetly
Knife in my head when I think of Cindy
Knife in my head is the taste of Cindy
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