Da quando ho ripreso a giocare a basket ho meno paura di Elephant & Castle. Basta aggirarsi per Camberwell Road la sera, verso le dieci, per capire di cosa sto parlando. E&C sembra in confronto un teatrino di periferia. Tipo quello che rappresentava il The Coronet quando Charles Chaplin iniziò a svelare al mondo le proprie doti.
Ci sono già passato da queste parti, fra queste righe. Il motivo si chiamava Brittany Howard. Un motivo fantastico, Gospel Song cantata dal vivo, una performance sublime.
Ci ritorno per Chet Faker, una data sold out da mesi che, giusto per ricordarlo – deviazione professionale, sul mercato secondario ha fatto salire il prezzo a prezzi alti. £75 a biglietto.
Riesco ad averne conferma fuori dalla stazione, dato che nei 5 minuti in cui aspetto che arrivi la mia ragazza, mi viene chiesto 50 volte se ho biglietti da vendere?
Anyway, entriamo al Coronet e capisco che forse poi E&C non è cambiata così tanto: ci sono i metal detector alla porta, ma poi dentro riesco a constatare che la faccia più pericolosa è quella di un’irlandese sbarbato e sbronzo che ci sta provando con una ragazza. ah, prima o poi mio caro, ti renderai conto di non riuscire a toccarti le mani abbracciandola e sarà troppo tardi.
Il Theatre è al massimo della capacità, lo chiamano over-booking. Si hanno difficoltà a passare dalle scale, ma riesco a scavarmi un angolo nella platea, ma per non perdere tale vantaggio, devo rinunciare alla second pinta. Apre DjMum, un ragazzo volenteroso che ci fa scoprire l’imbarazzo di vedere una band andare via senza applausi.
Arriva Chet Faker sul palco e parte il delirio. I primi 20 minuti sono fatti in solo, con un faro che da dietro lo illumina quasi divinamente e cambia colore ed atmosfera ad ogni canzone. Qualche pezzo da Built On Glass, qualche pezzo dagli EP precedenti ed un’improvvisazione elettro-prog davvero notevole. Poi arrivano basso e batteria per aiutarlo ad eseguire le hit: To Me, Release Your Problems, No Advice, Cigarettes and Loneliness.
Quando riconosco le note di To Me siamo quasi alla fine, che viene poi sancita dai due singoli Gold e Talk Is Cheap. Finale prevedibile. Un po’ meno – molto meno- la versione finale piano e voce di Talk Is Cheap: intensissima ed impeccabile.
Mi resta un solo rammarico, quello che a quel punto della serata, schiacciato dai vicini, mi ero allontanato nel fondo della sala. CI rivedremo posto Chet, sicuramente in un posto dove sarà più facile trovare posto. Giusto perché come sai, dal Coronet non ci si passa mai per caso.