Mai rinnegare le proprie origini.
Ma quali sono realmente? Da dove veniamo? Questa non è una puntata di Voyager ed io non sono Giacobbo. La verità è che siamo tutti un po FUSION. Tutto lo è. Il cibo, le arti, le razze.
La buona notizia è che tutto ciò ha fatto si che potessimo mangiare un piatto al profumo di curry, godere di opere d’arte meravigliosamente imbastardite, e ascoltare un bianco di nome Elvis che suona la musica dei neri.
Oggi la Musica è forse l’esempio più concreto di quanto appena detto. A fatica capireste da quale parte del mondo arriva “quel disco”. E a fatica riuscireste a capire da dove saltano fuori i Da Black Jezus se non fossi io a dirvelo.
Per chi ancora non li conoscesse, il duo è formata da Luca Impellizeri (testi, voce e chitarra) e Ivano Amata (drum machine, xilofono e chitarre), e una volta ascoltati, resterete soprpresi nel sapere che sono italiani.
Per l’esatezza di Troina, un paese dell’entroterra siciliano. Il tipico posto da dove i giovani scappano. Loro, invece, ne hanno fatto la propria base.
A tre anni dal debutto con l’Ep Don’t mean a thing, esce nello scorso Novembre They Can’t Cage the Light. Un disco che facilmente credereste sia opera di Tricky per via delle contaminazioni Trip-Hop, o di un qualsiasi cantautore afro-americano per via del particolarissimo timbro dall’impronta soul di Luca
I brani sono costruiti su base Folk, Soul e anche blues, ma sorretti da beat che spingono oltre i confini della vera natura folk-intimista di cui in realtà è intriso il disco.
Insomma, un disco che non ha radici ma che le incarna tutte.
E’ancora presto per dire quale strada percorreranno questi due giovani ma brillanti ragazzi. Quel che è certo è che se si lasceranno trasportare dalla voglia di trovare le proprie radici, arriveranno molto lontano.