S. Carey – Hundred Acres

Peppe Trotta per TRISTE©

Foto di paesaggi urbani innevati, sorrisi e lamentele per condizioni climatiche a cui non si è abituati.

C’è un generale straniamento nell’etere (virtuale) che rimbalza da giorni investendo chiunque non rimanga rinchiuso nel proprio guscio, un senso di scollamento che personalmente provo soltanto perché qui dove vivo io, distante ma non troppo, si comincia invece a percepire già qualche sentore della primavera in arrivo, che puntualmente smusserà le rigidità invernali con l’usuale dolcezza che ne segna lo sbocciare.

Una transizione morbida che trova profonda assonanza nelle atmosfere del nuovo lavoro di S. Carey.

Continua a percorrere la sua strada personale Sean, sempre più autore e meno collaboratore di Bon Iver, e lo fa pubblicando il suo terzo disco che segna una decisa virata verso una dimensione più intima ed essenziale. Sceglie di sottrarre il cantautore del Wisconsin, di cantare il proprio universo servendosi di una strumentazione ridotta e facendo ruotare il suo cantautorato attorno alla sua calda voce. Il risultato è un’ariosa sequenza di brani orientati verso un folk più tradizionale, reso vibrante da eleganti arrangiamenti che ne risaltano il portato emozionale.

Certamente meno atmosferico ed in parte meno affascinante rispetto al precedente Ray of light, questo nuovo capitolo ci restituisce un Carey più diretto e lirico, capace a tratti di trovare nuovi travolgenti apici di delicata poesia (True North, Meadow Song).

La neve si scioglierà presto e torneranno a primeggiare colori brillanti sotto una luce accogliente.

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