Poco tempo fa Jonathan Wilson si è esibito in uno show inedito in quel del Teatro Quirinetta a Roma: voce, chitarra acustica e quartetto d’archi.
Uno show che andato dritto al punto focale: le canzoni.
La stessa cosa succede in Rare Birds, l’ultima fatica di Wilson (che nel frattempo si diletta anche ad accompagnare Roger Waters con la sua band nelle date del suo tour mondiale), dove però il nostro fa un giro più largo e mantiene un approccio più “cosmico” e complesso rispetto a quello che si potrebbe pensare per un “cantautore” (con tremila virgolette).
Ad un primo ascolto il sound di Wilson sembra riprendere quello laccato e “ambiguo” per chi non è avvezzo a certe sonorità dei The War On Drugs, ma la profondità a livello di produzione porta Rare Birds verso altri lidi che vanno dalla terza fase dei Pink Floyd (insomma: The Dark Side Of The Moon) ai Fleetwood Mac, passando per quanto di buono è uscito dal pop mainstream degli anni zero/dieci (e non a caso Lana Del Rey fa capolino nel disco, in compagnia di altri celebri ospiti quali Joey Waronker e Josh Tillman).
Rare Birds è denso, forse meno spontaneo del già “complesso” Fanfare, ma un disco che ha bisogno di più ascolti per farci comprendere il lavoro immenso che c’è stato dietro: il lavoro non solo di un compositore maturo e che ha ancora molto da dire, ma di un grande produttore.
Una cosa “rara”, per l’appunto.