Siren Festival 2018 – Vasto, 26-29/07/2018

Slowdive – Foto di Alessio Pomponi

Emanuele Chiti per TRISTE©

La storia ormai è assodata: per svariati motivi in Italia non si riescono ad organizzare mega-festival come in gran parte del mondo occidentale (e ormai non solo).

Le cause sono diverse e non le andiamo a riassumere ora per mancanza di spazio e anche perché è bello concentrarsi su quanto di virtuoso si riesce a costruire da questo punto di vista nel nostro paese nel 2018.

Il Siren Festival è sicuramente una delle realtà più funzionanti, affascinanti e promettenti che negli ultimi anni sono riusciti a fare capolino nel sempre più intasato mercato musicale live internazionale.

Complice prima di tutto una venue di eccezione: Vasto è davvero un posto eccezionale dove poter trascorrere le vacanze estive o parte di esse, sia la parte marittima sia il paese dove si svolge grandissima parte del festival, diviso tra Piazza del Popolo, il cortile del Museo di Avalos, Porta San Paolo (spazio riservato agli “emergenti”) e i Giardini d’Avalos, con una vista sull’insenatura abruzzese davvero mozzafiato.

E sono proprio i Giardini ad accoglierci il primo giorno con un set ipnotico in solo di Neil Halstead, che sciorina una serie di perle concludendo il tutto con una splendida versione di Hey Daydreamer. Finisce Neil e attacca subito nell’attiguo Cortile Riley Walker in full band, con le sue cavalcate country-lisergiche che vanno in mille direzioni, intervallate dalla sua solita “presa a bene” (ci ha informato che ama molto gli Autogrill italiani).

Neil Halstead – Foto di Alessio Pomponi

Tra i più attesi del Venerdì senza dubbio gli Slowdive, nella loro unica data italiana estiva: un set granitico in Piazza del Popolo, coinvolgente, in contemporanea all’eclissi lunare (sembra quasi un clichè per quanto è risultato tutto perfetto): da Crazy For You a When The Sun Hits passando per Souvlaki Space Station, e Allison e per gli estratti dall’ultimo bel disco, gli Slowdive hanno estasiato tutti, compresi i meno avvezzi a queste sonorità shoegaze anni ’90.

Slowdive – Foto di Francesca Langiano

Per rimanere in tema anni ’90 i Lali Puna (di nuovo nel Cortile d’Avalos) che, come era stato nello scorso tour autunnale, ci riportano indietro a quando l’indietronica aveva un serio peso sulla scena internazionale. Cosmo, il main act del Venerdì, fa ballare tutta Vasto (immagino che la cassa dritta si sia sentita fino giù al mare), mentre dopo poco i Mouse On Mars mettono in scena il loro set fatto di strutture complesse avvitate su di loro, dai suoni concreti a ritmi dub e piccoli inserti più “ballabili”, il tutto accompagnato da spettacoli visual che vanno ad avvolgere la struttura dei Musei di Avalos. La festa non finisce qui: arrivano i 2manydjs e le danze continuano, inarrestabili.

Mouse On Mars – Foto di Francesca Langiano

Il giorno due (che in verità è il 3 se consideriamo l’apertura di Giovedì) vede purtroppo, causa sciopero Ryanair, il forfait dei Toy, rimpiazzati nel Cortile dagli Amari (che originariamente dovevano suonare alla Porta San Paolo). Tra le performance più degne di nota si può senza dubbio cominciare con Colapesce che, accompagnato da una band che comprende fiati e tastiere, sconvolge il paradigma pop trovando sempre nuove soluzioni sonore spiazzanti e spesso e volentieri inusuali: troppo sottovalutato, ancora oggi.

Rodrigo Amarante – Foto di Alessio Pomponi

Rodrigo Amarante, forte anche della fama che porta con se il main theme di Narcos (da lui composto), coinvolge tutto in un set voce, chitarra e tastiera che fa dal folk di derivazione classica brasiliana la spina dorsale. Se gli Amari sembrano troppo legati ad uno stilema ormai passato, lo stesso non si può dire di due mostri sacri della musica che si esibiscono in Piazza del Popolo. I dEUS trascinano il pubblico in un oretta che, oltre ad includere i pezzi più recenti del catalogo dei belgi, sciorina pezzi rimasti nella storia degli anni 90 come Instant Street, Roses, Hotellounge e Suds And Soda: Tom Barman ha ancora oggi il fuoco dentro.

La grande chiusura è affidata alle divinità del post punk, i leggendari P.I.L. di John Lydon, che nonostante gli anni mantengono altissimo il livello: un set abrasivo che trova l’apice nella tripletta This Is Not A Love Song, Rise e Public Image. Con il “fuck off, hello!” di John si chiude questa bellissima edizione del Siren: bravi tutti e al prossimo anno.

P.I.L. – Foto di Alessio Pomponi

 

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