Francesco Amoroso per TRISTE©.
Le riviste musicali inglesi (sia quelle cartacee tradizionali che quelle più moderne e dinamiche on-line) hanno una vera e propria mania: il tentativo di creare ovunque scene e nuovi sottogeneri musicali.
Il loro impulso alla catalogazione degli artisti e delle band in categorie musicali stringenti e spesso astruse mi è sempre stato insopportabile e lo è ancor di più adesso, in un’epoca dove non esistono più scene e l’offerta musicale è parcellizzata e infinita.
Eppure, nonostante l’ultimo loro successo sia stato forse l’invenzione (da nulla e del tutto pretestuosa) del Britpop, i giornalisti albionici continuano a osannare, con cadenza settimanale, la nascita di una nuova e mirabolante scena musicale, di un qualche genere nel quale costringere artisti che, magari, in realtà, condividono pochissimo.
L’ultima (forse però sono rimasto indietro) trovata è lo schmaltzcore: “C’è una nuova ondata di crooners che porta il soft-pop ai fan adolescenti adoranti. Possono sembrare Jamie Cullum, ma grattando la superficie scoprirai una rivolta adolescenziale, molto gentile” strillava un mesetto fa il NME (ormai una delle tante riviste on-line ma, fino a poco fa, una delle più influenti riviste musicali del globo).
In questo nuovo, fantasioso contenitore (schmaltz si riferisce a opere artistiche, come la musica o la scrittura, che hanno lo scopo di provocare forti sentimenti tristi o romantici, ma non hanno necessariamente un vero valore artistico) sono stati inseriti una serie di giovanissimi artisti che hanno in comune un suono datato e uptempo che sarebbe più facile collegare all’easy listening degli anni tra i 50 e i 70 che al punk o al Britpop (tanto per citare altre due categorie musicali abusate).
Al vertice di tale nuova scena (che, come al solito comprende artisti lontanissimi tra di loro e che magari non si conoscono, né si influenzano a vicenda) c’è una nostra vecchia conoscenza: il ventunenne Matt Maltese, osannato su queste pagine già due anni fa.
Nel frattempo, infatti, Matt ha compiuto 21 anni e ha dato alle stampe (ormai da un paio di mesi) il suo atteso album d’esordio, “Bad Contestant”.
Nelle undici tracce che lo compongono (alcune delle quali già uscite come singoli) Maltese riflette sulla propria vita in maniera piuttosto cupa e negativa, respingendo il mondo attuale con le sue convenzioni e la sua crudeltà, cantando canzoni di (non)amore con ironia che a volte sfocia nel sarcasmo.
L’album tratta, senza indorare la pillola, gli aspetti più deprimenti e oscuri della società moderna e dei rapporti umani, in modo diretto e accurato, ma lo fa con uno sguardo quasi divertito e con un sorriso, per quanto amaro, sulle labbra. Al pessimismo (che, per fortuna non sfocia mai nel cinismo) fanno da contrappunto sonorità jazzy, easy listening, orchestrali, che sorprendono ad ogni brano e richiamano a tratti il cabaret. Maltese usa il pianoforte come fondamenta per costruire le sue canzoni che spaziano tra jazz e soul, che richiamano Frank Sinatra o Elton John, spurgandoli dell’enfasi e della melassa. Tra arrangiamenti di ottoni e archi ne scaturisce un suono retrò, completamente fuori dal contesto musicale odierno, eppure chiaramente mainstream e di facile ascolto.
La musica di Matt Maltese è così personale ed eccentrica che non rischia mai di diventare di maniera o scontata: l’iniziale “Greatest Comedian” sembra una canzone d’amore, ma basta ascoltare versi come “you’re the final piece of wartime bread“, per comprendere che difficilmente troverete in questo album una classica ballata sdolcinata. Lo stesso si può dire di “Like A Fish” (musicalmente uno dei brani meglio riusciti dell’album) che pur essendo a tutti gli effetti una canzone d’amore non corrisposto, contiene versi quali “ You said you use chocolate/When you and him take off all your clothes/Why the fuck you tell me that?/Can’t drink that image out of my head./ Like a fish/That’s how I drink these days/It numbs the envy I have/Against your tall kind man/He’s so much taller than I ever will be“, che, brillantissimi, poco si accordano con un classico del compatimento. Anche in “Bad Contestant“, Maltese gioca la carta dell’autocommiserazione, ma è talmente ironico da riuscire a strappare una risata più che una lacrima di compassione: “I’m a dead end, a budget hotel“. Poi arriva “As The World Caves In”, dove Matt racconta Theresa May e Donald Trump che, mentre provocano l’apocalisse, si ubriacano, fanno sesso e guardano la televisione. È una immagine quasi ripugnante, ma la melodia e la voce di Maltese sono così seducenti da mettere i brividi.
Matt Maltese sa certamente come scrivere una hit pop, tanto che dopo qualche ascolto, ci si chiede come mai le sue canzoni non vengano trasmesse da ogni radio del globo. Evidentemente, però, il suo schmaltzcore (perdoniamo le riviste inglesi, per stavolta) è troppo intelligente ed elegante per questo mondo osceno.
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