Des Moines – Like Freshly Mown Grass

Peppe Trotta per TRISTE©

Un rotolo lungo trentasei metri sul quale si riversa l’evocativo andare di due amici per il vasto territorio americano alla fine degli anni quaranta, viaggio fisico che si tramuta in percorso di formazione cristallizzato in quello che è divenuto uno dei grandi romanzi della storia della letteratura.

Credo non siano molte le persone che non abbiano ceduto al magnetismo di “On the road”, certamente non è rimasto immune alla sua immaginifica forza Simone Romei, musicista reggiano il cui pseudonimo è dichiaratamente ispirato alle righe del capolavoro di Kerouac.

Dopo aver pubblicato nel 2015 il suo omonimo album d’esordio realizzato con la collaborazione di Andrea Rovacchi (Julie’s Haircut), a cui è seguito un breve Ep contenente una rielaborazione di tre dei suo brani, Des Moines giunge alla seconda prova sulla lunga distanza ribadendo la profonda fascinazione per un universo acustico in bilico tra l’essenziale poesia del migliore folk britannico e l’epicità dei suoni di quel american primitive che ha in John Fahey il suo maggiore cantore.

A coadiuvarlo in questa nuova tappa troviamo ancora una volta Rovacchi, a cui si aggiungono tra gli altri le firme di Egle Sommacal (Massimo Volume) ed Emanuele Reverberi (Giardini Di Mirò). Muovendosi costantemente tra le due istanze che guidano la sua scrittura, Des Moines dipinge un malinconico itinerario che vede procedere all’unisono l’enfasi di un fingerpicking curato ma mai sterilmente virtuosistico ed il calore di un canto intimistico e un po’ incerto.

Pur scivolando a tratti verso un fin troppo esplicito emergere dei punti di riferimento, come nel caso della drakeiana Love in Vain o del crepuscolare incedere di Crickets and Cicadas, il lavoro trova attraverso il suo tono sincero e avvolgente una dimensione peculiare rafforzata dal prezioso contributo degli accurati arrangiamenti, capaci di infondere un’ampia gamma di sfumature ai nuclei armonici intessuti.

È uno scorrere morbido tra racconti nostalgici sussurrati al tramonto (Afternoon Sun, Happy Smiles) e ariose visioni campestri imperniate sul suono della chitarra (Wood Gathering, Like Freshly Mown Grass) che sa trovare improvvise brecce attraverso cui accogliere sfumature di ammaliante psichedelica (Daffodils).

Un peregrinare sognante alla ricerca di un’identità ancora in via di definizione, ma sicuramente molto promettente.

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