Francesco Amoroso per TRISTE©
Di tutte le trasformazioni fisiche della materia (i cosiddetti passaggi di stato) quello meno diffuso è certamente quello del brinamento (“solidification”, “desublimation” o “reposition” in inglese) che avviene quando una sostanza passa direttamente dallo stato aeriforme (o gassoso) allo stato solido, senza passare attraverso quello liquido.
Non poteva allora che essere questo – il più raro – il passaggio di stato scelto da Soap&Skin per dare titolo al proprio secondo vero e proprio album a distanza di oltre nove anni dall’esordio, l’oscuro capolavoro Lovetune For Vacuum.
(“L’espressione mi è venuta in mente – mi ha raccontato Anja – pensando al movimento che fanno le idee che passano dallo stato inconscio a quello conscio, dal pensiero all’attuazione. Eppure non mi sembrava abbastanza e così ho aggiunto anche “you are my friend”, visto che cercavo salute, attenzione, amore e una connessione agli altri. Penso sia una frase molto bella e un accompagnamento perfetto per il passaggio ad una consapevolezza diversa.”)
Nel frattempo c’è stato un mini album (Narrow, nel 2012), un e.p. di tre brani (Sugarbread, nel 2013) e musiche scritte per il teatro e il cinema, ma soprattutto, nel frattempo, Anja Franziska Plaschg, l’acerba e inquieta teenager artefice di quell’esordio di incredibile carattere e potenza, ha attraversato con impeto la vita. L’improvvisa perdita del padre, l’inaspettata notorietà e la maternità l’hanno portata a una profonda maturazione personale e musicale che si manifesta in tutta la sua forza nelle composizioni di From Gas To Solid/You Are My Friend.
Che nella musica di Soap&Skin si assista a un passaggio di stato è indubbio. Che si tratti di brinamento, ovvero del suo inverso, la sublimazione, non saprei dire. La musica della Plaschg, nel nuovo lavoro, è al contempo più eterea e più complessa e, a differenza dell’esordio, il cambio di registro è continuo, spesso anche all’interno della stessa canzone. I dodici brani che compongono l’album disegnano, anche grazie a una scaletta studiata alla perfezione, un percorso impervio, poetico e coinvolgente: si passa dall’elegiaco piano di This Day all’incantata elettronica di Athom, dai colori quasi pop di Italy all’ambient scuro e corale di (This Is), Water, dal cuore nero dell’album, la tesa e sublime Surrounded (nella quale Anja dà straordinaria prova delle sue capacità vocali), alle confortanti note di pianoforte di Creep, da Heal e Foot Chamber, rasserenanti ed elegantemente arrangiate fino all’immersione verso gli inferi con gli organi e i synth di Falling (che ricorda le colonne sonore dei Goblin), per essere infine avviluppati dalle atmosfere spirituali di Palindrome (cantata in latino da un tenore) e tornare a riveder le stelle con l’austera cover di What A Wonderful World, perfetta chiave di lettura dell’intero lavoro.
È un mondo meraviglioso – sembra dirci Anja mentre canta con compostezza e trasporto la canzone portata al successo da Louis Armstrong – e lo è anche nonostante tutte le brutture e il dolore che, è inutile nasconderlo, lo impregnano e spesso prevalgono. Ma se la rabbia e il nichilismo dei primi lavori sembrano essere in parte sostituiti, o almeno affiancati, da concetti quali il cambiamento, la guarigione, l’accettazione di se stessa e del prossimo, tuttavia il messaggio della Plaschg non può mai essere del tutto positivo: anche i momenti più luminosi sono inevitabilmente pervasi da un fondo di oscurità, di mancanza di speranza, di consapevolezza del nulla cosmico.
Scritto con grande attenzione alla composizione e agli arrangiamenti, From Gas To Solid/You Are My Friend fa compiere all’artista austriaca un ulteriore passo verso l’assoluto, stemperando la cupezza e la teatralità che caratterizzavano la sua musica a favore di un’arte più accessibile, universale ed equilibrata.
Che si tratti di un’umanissima presa di coscienza o di un lirico slancio verso il divino, resta la certezza di trovarsi di fronte a un lavoro immenso.
Pingback: La vostra TOP 5 – 2018 | Indie Sunset in Rome
Pingback: TRISTE© #Roma – Top 10 2018 | Indie Sunset in Rome
Pingback: Francesco Amoroso racconta il (suo) 2018 – Parte I | Indie Sunset in Rome