Sam Reynolds – 4

Sam Reynolds

Francesco Amoroso per TRISTE©

Dicembre è, per chiunque si occupi di musica in maniera professionale o solo in qualità di amatore, il più temuto di tutti i mesi. Arrivano, di solito copiose, le richieste di compilare le classifiche di fine anno, l’elenco dei dischi che abbiamo preferito, di quelli che sono stati importanti e che verranno, nella nostra (di solito molto umile) opinione, ricordati negli anni.

Per quanto mi riguarda, da qualche anno trovo l’impegno oltremodo gravoso e sempre più inutile. La frammentazione delle scene musicali, l’infinita commistione dei generi e l’incredibile quantità di album che esce ogni anno, rendono il giochino sempre meno rappresentativo della realtà musicale odierna e sempre più fine a se stesso.

Così, tanto per fare un gesto di ribellione senile, voglio parlare di un album che non finirà in nessuna lista di fine anno e che è già stato dimenticato, probabilmente anche dal suo stesso schivo (a dir poco) autore.

Sto parlando del quarto lavoro (che sia il quarto possiamo esserne certi visto che si chiama 4 ed è stato preceduto da 1, 2 e 3) del newyorkese Sam Reynolds, songwriter misterioso e solitario che, oltre a una pagina bandcamp (dove i suoi album sono in free download), a un indirizzo email (che, a quanto apre, non controlla mai), e a una pagina facebook, rimasta ferma al 2014, non ha più contatti di alcun tipo con i propri seguaci, almeno da quanto ci è dato di sapere attraverso al rete.
A distanza di nove anni dall’esordio e a quattro dal suo ultimo album (che aveva visto una gestazione piuttosto travagliata), Reynolds, senza alcun annuncio o anteprima, ha rilasciato su bandcamp un nuovo lavoro che, sin dalla copertina, decisamente macabra (un dipinto del pittore belga James Ensor dal titolo ” Skeletons Fighting over a Pickled Herring”), introduce, nelle sonorità folk a lui tanto care, un’ombra, un’inquietudine, un’incombente sensazione di dramma finora assenti dalle sue canzoni.
Ne sono un perfetto esempio i brani suonati al piano quali l’iniziale “EVM”, composizione continuamente in bilico tra delicatezza e oscurità, la cullante “Daily Wire” (l’unico brano nel quale al piano si accompagna la voce) e la conclusiva e criptica “Avrov”, ma anche nella melodiosa “Coup Da Grackle” o in “Opportunity!” che, con i suoi controcanti fa venire in mente un duo folk anni sessanta (ma registrato in cantina) sembra che il sottile diaframma tra malinconia e disperazione sia continuamente sul punto di strapparsi.
4 è un album piccolo e prezioso che difficilmente susciterà entusiasmo diffuso (o anche un esiguo seguito di culto), ma che nelle sue tracce di chitarra acustica, piano, sottilissima voce in falsetto e null’altro, riesce a incantare chi alla musica chiede solo un sommesso brivido e una delicata carezza.
Essenziale e incantevole, ma, come si diceva, più inquietante del solito, l’album di Sam Reynolds rimette sommessamente l’autore americano sulla mappa del folk più scarno e in bassa fedeltà, con canzoni tanto diafane e fragili che a volte si ha quasi ritegno ad ascoltarle per paura di poterle sciupare.

Non conosciamo nulla di lui, ma la sua musica ci suggerisce che Sam Reynolds sia un artista puro e dalla sensibilità sopraffina che timidamente, quasi in punta di piedi (o meglio in punta di dita), si senta autorizzato a occupare non più di mezz’ora della nostra vita, per regalarci (nel vero senso della parola) preziosi istanti di grazia e bellezza.

2 pensieri su “Sam Reynolds – 4

  1. Pingback: Francesco Amoroso racconta il (suo) 2018 – Parte I | Indie Sunset in Rome

  2. Pingback: music won't save you

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