Peppe Trotta per TRISTE©

Ci sono giorni che non finiscono mai, scanditi dal repentino susseguirsi di cose da sbrigare e da dover dire e fare anche quando non si avrebbe più voglia.
Un’incessante corsa ad ostacoli che prosciuga energie e lascia affiorare una profonda stanchezza.

Poi però arriva la sera, lentamente rientri e non appena vedi dalla strada la luce di casa accesa, tutta la fatica si dissolve e torna il sorriso.
Un nuovo disco di Damien Jurado ha sempre per me l’identico, confortante calore di quel bagliore familiare e fortunatamente, negli ultimi anni, i suoi lavori continuano a giungere in modo puntuale.

“What’s New, Tomboy?”, quindicesimo album in venticinque anni di carriera, vede Jurado proseguire lungo la rotta di un ritrovato cantautorato più diretto e spoglio già perseguita nei lavori più recenti, fino ad approdare alla nuda essenzialità del precedente “In The Shape Of A Storm”.

Una scrittura meno incline alla ricerca di accattivanti ibridazioni, che punta sempre più dritta al cuore, anche se adesso riacquista, almeno in parte, maggiori sfumature e soluzioni più corpose attraverso l’ampliato contributo dato dalla rinnovata presenza di Josh Gordon.

Accanto alle sussurrate ballate folk pervase dal profondo lirismo scaturente dalla voce morbida e profonda del musicista americano (“Fool Maria”, “Sandra”) si ritrovano così brani corali scanditi da una vitalità pulsante (“Birds Tricked Into The Trees”, “Arthur Aware”, “When You Were Few”), il tutto incastrato a dare forma ad un nuovo intimo diario in musica.

Un nuovo tragitto, fatto ancora una volta di ottime canzoni, che definitivamente conquista fin dai primi versi della meravigliosa “Ochoa”, malinconico omaggio a chi non può più condividere questo prezioso flusso di semplice, cristallina bellezza.