Francesco Amoroso per TRISTE©
Non so bene perché mi sia venuto in mente, ma dubito fortemente che i freschi nominati sottosegretari al nuovo governo, tantomeno quelli alla cultura, sarebbero in grado di apprezzare un album elegante, profondo e sofisticato come il quinto della canadese Tamara Lindeman, eccezionale cantautrice che, da circa un decennio, si esibisce con il nome di “The Weather Station”.
Sarà forse per il fatto che il titolo dell’album è “Ignorance”, sarà perché parla di mutamenti climatici e dell’impatto emotivo che tali cambiamenti hanno sulle persone, ma la connessione mi è venuta spontanea e, forse, è anche meno insensata di quanto potrebbe sembrare a prima vista.
In ogni caso ciò che più importa in questa sede è, come sempre, la musica e nei quaranta minuti di “Ignorance” di musica ce n’è tanta ed è di qualità sopraffina.
Il quinto lavoro di Lindeman (che è, nel natio Canada, anche un’attrice di successo con lo pseudonimo Tamara Hope) è diverso in molti modi dai suoi predecessori: nei precedenti lavori, tutti di pregevole fattura, le canzoni di The Weather Station suonavano come intime meditazioni, elucubrazioni mentali profonde e ingarbugliate che si trovavano a proprio agio accompagnate da sonorità che si muovevano intorno al più tradizionale country-folk cantautorale.
I progressi, nell’arco della sua carriera sono stai costanti ma senza strappi, senza stravolgimenti: se “Loyalty” del 2015 e “The Weather Station” erano dei chiari segnali della volontà dell’artista canadese di ampliare lo spettro delle proprie sonorità, “Ignorance”, prodotto in collaborazione con Marcus Paquin, ingegnere del suono e produttore di Montreal che ha lavorato con Arcade Fire e The National, è, sin dal primo brano, “Robber”, nel quale si inseguono più linee sonore, un album molto più ambizioso, più elaborato e musicalmente variegato, caratterizzato da passaggi folk eterodossi, arrangiamenti elegantissimi e ritmiche molto più presenti e coinvolgenti che in passato.
Anche dal punto di vista dei contenuti l’album è coraggioso (e assolutamente centrato): sembra a tratti, il classico lavoro sulla fine di una relazione, ma pian piano ci si rende conto che probabilmente il rapporto di cui si parla è principalmente quello tra uomo e natura.
Su “Ignorance” quasi ogni parola può essere letta come la manifestazione di una dolorosa perdita, di un dolore dovuto a una mancanza. Eppure i continui richiami alla natura (“The baskets of wild roses, the crumpled petals and misshapen heads of reeds and rushes/The bodies of the common birds, robins, crows, and thrushes”) e alla profonda influenza che essa esercita sulle emozioni umane (“Everything that I have loved/and all the light touches“) rendono palese che il tema centrale dell’album sia quello ambientale.
E se una tale idea può sembrare forse troppo temeraria, basterà ascoltare i dieci brani che compongono l’album per rendersi conto di quanto, nelle mani di Lindeman, si riesca a sviluppare senza risultare mai forzata o stucchevole.
La magnifica ballata “Trust” rende il concetto in maniera chiarissima, ma già l’iniziale “Robber”, musicalmente complessa eppure confortevole e carezzevole, è indicativa circa l’andamento dell’album, con la voce sempre più calda e sicura di Lindeman, che racconta di come il mondo ci è stato rubato da affaristi criminali.
Su queste coordinate si muove tutto “Ignorance”, definito da lussureggianti arrangiamenti – mai sopra le righe – e da sonorità soffuse e seducenti, eppure permeato da un senso di dolore intenso (“Is it all right if I don’t wanna sing tonight?/I know you are tired of seeing tears in my eyes.”), che in alcuni frangenti si trasforma in pura angoscia (“I should get all this dying off my mind,/I should really know better than to read the headlines.”).
Il contrasto tra le incantevoli sonorità che si muovono tra fiati dal sapore jazz, intricati passaggi chitarristici e ritmi cadenzati, e le parole che cantano una bellezza e un’armonia perdute, regala profondità e sfumature e riesce a rendere piacevoli e accessibili brani che a un’attenta disamina risultano audaci e sperimentali.
Era chiaro già da qualche tempo che il talento di Tamara Lindeman non potesse essere contenuto all’interno di un genere definito – il folk in questo caso – ma “Ignorance” è un’affermazione in tal senso decisa e convinta.
Alla fine, a parte, il banale richiamo al suo titolo, “Ignorance” sembra un lavoro lontano anni luce dalla pochezza di certi personaggi che popolano la scena politica nostrana (e non solo quella politica) eppure trasmette a tratti – pur attraverso passaggi di intensa bellezza – lo stesso senso di angoscia e di perdita di speranza.
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